(Gates of hell records)
Misticismo trasposto in musica, acciaio fuso che sgorga copioso dall'alto forno, e si condensa su un pentagramma di note per dare forma, ma soprattutto sostanza, ad un ep di debutto che ha veramente dell'eclatante, soprattutto se si pensa che è stato registrato, con mezzi di fortuna, da una giovane, quanto agguerrita, compagine italiana.Ebbene si, nonostante l'aspetto iconografico e la proposta musicale possano far pensare il contrario, i Vultures Vengeance arrivano dalla capitale e, dopo essere assorti alle cronache come il caso discografico del 2015, con ben centocinquanta demo tape vendute nel lasso di qualche settimana potendo contare solo sul passaparola, si rendono ancora una volta portabandiera di un incontaminato heavy metal d'impostazione old school, lo stesso che ha reso immortali veri e propri numi tutelari come Omen, Liege Lord, Cirith Ungol, Steel Assassin e Manilla Road, formazioni queste che rivivono fra i solchi di “Where the Time Dwelt In” che convince, certamente, ed emoziona, lasciando intravvedere le enormi potenzialità attitudinali di una band che ha veramente molto, tanto da dire.
Strutture classiche, fraseggi epici e contaminazioni eteree, formano l'ossatura di ognuna delle quattro composizioni, più intro, ivi contenute, in un viaggio a ritroso nel tempo a base di puro ed incontaminato heavy metal d'annata.
(Beppe Diana)
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