Originalità, ecco quale potrebbe essere la chiave di lettura dell'album di debutto degli americani Deadly Blessing, quel “Ascend from the Cauldron” che, nonostante le trenta primavere sulle spalle, riesce a mettere in mostra alcuni eccellenti caratteri vettoriali, ed una spiccata personalità che, molte formazioni dell'ultimo periodo, hanno, ahimè, veramente perso di vista.
Ma, nonostante l'alone di culto e la devozione che da sempre si trascinano dietro, la compagine originaria del New Jersey, non è saputa andare oltre quella posizione marginale di eterna promessa, rimanendo impelagata in problemi di formazione che l'hanno costretta più volte a cambiare la propria fisionomia artistica, conducendola verso un punto di non ritorno, ad un status di stand-by che oramai sembra veramente non sbloccarsi.
US Metal puro ed integerrimo, ecco che cosa hanno da proporci i Deadly Blessing all'interno del loro disco, otto brani che ripercorrono le orme tracciate dal demo omonimo del 1987, ben tre su quattro nella track list finale, infarcite da stilettate metalliche edificate attorno a reminiscenze classiche, caratterizzate da aperture thrash metal da una parte, e ricami progressivi dall'altra, in un melting pot di umori e sensazioni che si alternano con naturale veemenza, con la coppia di asce formata dal duo Tom Bach/Tony Kerr a garantire un solido apporto compositivo, sul quale a svettare è naturalmente il singer Norman “Ski” Kiersznowski, istrionico e teatrale, capace, come pochi, di tessere immaginari apocalittici che trasportano l'incauto ascoltatore in vero e proprio vortice cremisi.
E se pensare ad un mix letale di Crimson Glory, Helstar, Savatage e Jag Panzer può in qualche modo sembra azzardato, basterebbero pochi secondi dell'attacco frontale di “Search and Destroy”, con il suo riffing al vetriolo, i ricami epici di “Cry of Medusa”, o la martellante “Deliver us from evil”, per fugare ogni possibile dubbio sulle reali qualità intrinseche della band, in primis, e del disco, poi.
Arroventate strutture ritmiche, complesse intelaiature metalliche, danno luogo a vere e proprie mini sinfonie, corroborate da potenzialità espressive che vennero affossate proprio con la firma del contratto targato New Renaissence Records che, invece di spingere la band, come accadde ad altri colleghi dell'epoca legati alla label dell'avvenente Ann Boylen, ne affossò il futuro, lungimirante, almeno in prospettiva.
Della band, oltre al singer Ski, già con Faith Factor, il solo bassista Nick Douglas è quello che ha mostrato più sagacia, rimanendo in azione sia con Doro che con la band del chitarrista Chriss Caffery.
Beppe Diana
Genere: US Metal
Anno di pubblicazione: 1988
Etichetta: New Renaissence Records
Line up:
Ski - vocals
Tom Bach - guitars
Tony Kerr - guitars
Nick Douglas - bass
Wayne Kellie - drums
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