Quanto è difficile portare avanti con coerenza un progetto musicale quando suonare in una band non ti permette nemmeno di pagare le classiche bollette di fine mese? Duro, molto duro, ma nonostante tutto, la passione e la dedizione, ti permettono a volte di superare anche le difficoltà più impervie. E di passione, quella vera, gli Arkon ne hanno messa tanta per portare a compimento quell’agognato sogno che si chiama disco di debutto, il quale arriva sul mercato grazie al supporto della rediviva Doom Symphony, e ci presenta una formazione che, con professionalità e abnegazione, si immola sull’altare di un heavy metal concettualmente di impostazione classica, e dai risvolti dark, che porta in dote dieci nuovi episodi di rovente metallo autoctono rese ancora piu' avvincenti grazie a liriche in dialetto sardo autentico trademark dei quattro.
Al bassista Giuseppe Maisola il compito di trasportarci nella spirale del mondo degli Arkon
Intervista raccolta da Beppe "HM" Diana
Ciao Giuseppe, ciao ragazzi e benvenuti sulle nostre pagine, prima domanda di rito, qual è lo spirito all'interno della band oggi alla partenza di una nuova avventura iniziata con la pubblicazione del vostro primo sigillo ufficiale?
Ciao Beppe, bentrovato e grazie a te per l’attenzione e le belle parole di apprezzamento riservate al nostro lavoro. Lo spirito all’interno della band è ottimo, grazie ai riscontri positivi che ci stanno giungendo riguardo al nostro album di debutto, che si sta facendo notare sia in patria che all’estero, soprattutto nell’Europa del nord. Dalla fine della primavera di quest’anno stiamo anche suonando live con una certa continuità, per ora solo in Sardegna, ma speriamo di poter fare qualche tappa oltremare quanto prima!
Sicuramente te lo sei sentito chiedere tante volte, quindi mi sembra logico che anche io ti ponga la stessa domanda, come mai la scelta di adottare l'idioma dialettale per le vostre liriche? È stata una scelta naturale e ponderata, oppure una sorta di escamotage, permettimi il termine, per distinguervi dal resto delle formazioni odierne in circolazione?
Entrambe le cose. Il sardo è una lingua antichissima, tra quelle derivate direttamente dal latino è la più arcaica, e inoltre contiene termini che derivano addirittura da lingue risalenti al Neolitico e al mondo mediterraneo pre – latino. Il sardo è una lingua ancora viva nelle zone interne, ma che rischia di estinguersi soprattutto nelle città e nelle zone costiere dell’Isola. Ci sembrava giusto, viste anche le nostre ispirazioni tematiche e culturali, utilizzarla distinguendoci dalla massa di gruppi del nostro genere che utilizzano quasi esclusivamente l’idioma anglosassone.
Cosa può dire a chi afferma che il vostro disco di debutto potrebbe risultare ostico proprio per questa scelta?
Capisco bene che per un orecchio abituato all’inglese il primo ascolto possa avere un effetto straniante. Ma se non ci si ferma al pregiudizio e ci si degna di dare un secondo ascolto si noterà quanto la musicalità della lingua sarda si leghi perfettamente alle sonorità utilizzate. Se poi qualcuno volesse approfondire è sufficiente scrivere alla nostra email: arkonofficialband@gmail.com e richiedere il lyrics book (un file pdf gratuito) con i testi tradotti sia in italiano che in inglese.
Visto che siamo in argomento, potresti farci una sorta di panoramica attorno alle liriche del disco? Visto che il personaggio centrale del disco è il conte ARKON possiamo asserire che il vostro album gira attorno ad una sorta di concept?
Non si tratta di un concept a livello di storia, ma c’è un “ambiente” un contesto che accomuna tutto ciò che viene raccontato. Si tratta di storie ambientate in Sardegna: Arkon, ad esempio, è un re altomedievale che torna dal mondo dei morti per vendicarsi, Oclubaria è una strega dagli occhi di colore diverso uno dall’altro, terribile e attraente allo stesso tempo, S’Erchitu è un uomo – toro vittima di una maledizione demoniaca, Intregadu parla di un uomo che si è dato al diavolo tramite un patto, Hypericum parla di un luogo magico che in antichità era ritenuto essere una delle porte dell’inferno e dell’erba (l’iperico appunto, o erba di San Giovanni) necessaria da per proteggersi dall’influsso del maligno. Si tratta, quindi, di testi ispirati ai racconti orali tramandati di generazione in generazione nelle realtà rurali della nostra Isola, racconti di stampo folk horror che ben si sposano con le sonorità e le atmosfere doom da noi utilizzate.
Nonostante tu stesso sia un docente di storia, mi sembra di capire che dietro ogni lirica ci sia stato uno studio della materia non indifferente, è veramente così?
Certamente, è proprio così. Dietro ogni testo c’è un lavoro di ricerca filologico e linguistico dove nulla è lasciato al caso.
Capisco, quindi quali sono state le difficoltà che avete dovuto affrontare prima della pubblicazione del cd?...ed in definitiva, potete ritenervi soddisfatti del prodotto finito?
Il pregiudizio esiste, inutile negarlo. L’ascoltatore medio di metal e hard rock ha quasi un rifiuto per tutto ciò che non è espresso in lingua inglese. Non è una questione di comprensione, ma di abitudine dell’orecchio… ciò che non è in inglese per taluni “suona male”. Per fortuna non tutti la pensano così, soprattutto fuori dall’Italia. Sin dai tempi dell’EP Hypericum ci siamo proposti a varie etichette, ma quasi tutte, pur avendo parole di apprezzamento, con varie scuse ci hanno negato collaborazioni concrete. Non lo stesso si può dire per la label Underground Symphony, della quale il patron, Maurizio Chairello (che ringraziamo), ha creduto in noi sin dal primo momento dandoci anche l’onore di riportare in auge il glorioso vessillo della Doom Symphony. In generale il prodotto finito, registrato ad Oristano negli studi di Fabrizio Sanna, ha rispettato pienamente le nostre aspettative e il disco racchiude perfettamente quello che è il nostro sound attuale.
Curiosità, pensi che al giorno d'oggi l'uso della tecnologia in uno studio di registrazione sia più un fattore positivo o negativo?
Bella domanda… da un lato è positivo perché permette a chiunque di raggiungere ottimi risultati con poca spesa, dall’altro è negativo perché l’eccesso di opzioni percorribili a volte rischia di farti perdere la bussola dell’obiettivo finale. Inoltre noto un certo appiattimento sui suoni e sulle rese sonore nelle produzioni più recenti che suonano benissimo, ma sono tutte troppo simili.
In che maniera sono nate le idee compositive dei brani inerenti al primo capitolo discografico? E' stato un processo naturale, o la loro stesura è stata in qualche modo travagliata?
In genere si parte da un’idea singola, spesso una linea di basso o un riff di chitarra, e poi in sala prove si lavora aggiungendo variazioni, limando o aggiungendo particolari. Si tratta di un processo che viene spontaneo nelle fasi iniziali per poi diventare ragionato e “chirugico” man mano che il brano prende la sua forma definitiva. Dei testi mi occupo solamente io perché sono anche quello tra noi che padroneggia meglio la lingua sarda. Le idee sui temi da trattare, però, sono arrivate talvolta anche da altri componenti della band.
Phatos, potenza e melodia, credo proprio che la vostra musica sia il risultato della perfetta sintesi di questi tre elementi, quindi mi piacerebbe capire se, quando scrivete i vostri brani, tenete sempre conto di questo equilibrio oppure lasciate che la ispirazione non abbia limiti…
Ne teniamo conto eccome. Cerchiamo in modo specifico questo equilibrio, anche tra parti lente, veloci o più dinamiche. Troviamo, ad esempio, che molte doom bands attuali siano lente in modo esasperato e sembra che il doom attuale sia una gara a chi è più lento e claustrofobico. Pur apprezzando molte bands simili, noi abbracciamo il doom più tradizionale, quello vecchia scuola che non doveva essere necessariamente solo lentezza e pesantezza senza limiti, vedi Pentagram, Trouble o Saint Vitus. Gli stessi Black Sabbath, padri nobili indiscussi, sono la nostra massima ispirazione anche su questo aspetto. Poi teniamo conto anche della formazione personale e delle influenze che ognuno di noi porta in dote: pur racchiudendo tutto nell’ambito heavy doom tra noi c’è chi non disdegna generi più estremi o, al contario, generi più melodici e ricchi di sfumature.
C'è un aspetto, secondo il quale l’heavy metal è uno dei pochi generi musicali ad avere uno stuolo di appassionati molto esigenti. Prima di tutto sei d'accordo con questa affermazione, ed in secondo luogo, in che modo concepisci la parola heavy metal all’interno del tuo essere musicista e nella tua vita quotidiana?
Concordo con la tua affermazione e credo che questo sia proprio un punto di forza dell’Heavy Metal. Questa intransigenza e questo desiderio di purezza ha salvato il genere dall’estinzione e dalle mode passeggere. Per me l’heavy metal è vita, è la colonna sonora della mia esistenza da quando avevo 13 – 14 anni, non riesco ad immaginare la mia vita senza questo tipo di musica. Ha influito enormemente sulla mia crescita e sulla mia formazione culturale. Anche tutte le altre mie passioni (storia, archeologia, antropologia, letteratura, cinema) hanno aspetti che in qualche modo si ricollegano al metal.
Essere giovani oggi ed avere pochi soldi a disposizione, ti porta a dover far fronte ad un eterno dilemma, spendere i tuoi pochi risparmi cercando di acquistare dell’ottima musica, per poi non doverti pentire in seconda battuta, tutto questo per chiederti se puoi spiegare ad un giovane appassionato i motivi per i quali dovrebbe comprare il vostro disco…
Oggi da quel punto di vista è molto più semplice: basta andare su youtube o sulle innumerevoli piattaforme digitali e ascoltare il disco in anteprima, totalmente gratis. A quel punto un vero culture di musica ha la possibilità di scegliere di passare al supporto fisico a colpo sicuro, senza rischiare di buttare i propri soldi, contribuendo alla vita della stessa della band che supporta. Un ascolto in streaming non potrà mai eguagliare l’esperienza dell’ascolto su vinile e CD, sia dal punto di vista della qualità audio, sia dagli altri punti vista sensoriali… vuoi mettere il piacere di godere della vista di un lavoro di grafica e di artwork ben confezionato? Colgo l’occasione per sottolineare che anche questi aspetti sono curati dalla stessa band: disegni, grafiche, fotografie ecc. Tutto questo si può riscontrare nel nostro lavoro, oltre alla proposta musicale a nostro avviso originale e non scontata all’interno dell’attuale panorama heavy e doom metal.
Che tipo di pubblico è quello che viene ad assistere ai vostri concerti? Come puoi spiegarci le emozioni che si respirano durante i vostri live show?
Il pubblico è quello dei cultori del metal con l’ampia fascia di età che questo genere ormai racchiude, ma talvolta non mancano anche i curiosi, attratti dalla nostra scelta della lingua sarda, gente che magari non ha mai visto un concerto metal e che del metal conosce solo qualche brano dei Metallica o degli Iron Maiden… è una fascia di pubblico interessante che può essere conquistata. Durante i nostri live cerchiamo di ricreare le atmosfere raccontate nei nostri brani e di trasmettere l’energia della nostra musica in maniera diretta, senza fronzoli, come deve essere necessariamente il rock proposto dal vivo. Purtroppo devo dire che da noi, ma penso sia un male diffuso, gli spazi per suonare dal vivo per una band come la nostra sono pochi e spesso non sono adeguati.
Puoi spiegarci che genere di atmosfera si respira durante un live set della vostra band?
Siete soliti eseguire delle cover dal vivo, o date pienamente spazio al vostro repertorio?
Per scelta abbiamo sempre e solo eseguito brani del nostro repertorio. Di cover band e tribute band siamo sommersi. Chi ha il proprio repertorio deve lottare e sgomitare per suonare quello. Siamo guidati dalla pura passione, non abbiamo alcuna velleità di poterci arricchire dalla nostra musica, quindi, piaccia o no, portiamo avanti quella che è la nostra proposta. Questo non significa che un giorno o l’altro non possa comparire qualche cover (per scelta artistica precisa) all’interno di un nostro live set, ma per ora non è mai successo.
Suonare in una band oggigiorno significa soprattutto avere passione dentro che brucia come il fuoco, sentimento che, la maggior parte delle volte non viene minimamente ricambiato, per cui cosa vi ha spinto ad imbracciare i vostri strumenti e a mettervi nuovamente in discussione?
Come ho già detto, pura passione, voglia di suonare e di esprimersi divertendosi assieme. Voglia di dire la nostra e di proporre la nostra personale interpretazione di quel magnifico e variegato genere che è l’heavy metal.
Prima della fine, puoi delineare quali saranno le mosse della band a supporto del disco da qui ai prossimi mesi?
Suonare dal vivo il più possibile, ovunque ce ne sia la possibilità. Ci piacerebbe tantissimo, come già sottolineato, fare qualche esperienza live fuori dalla nostra amata Sardegna, magari nel nord Europa, dove il disco sembra riscuotere particolari apprezzamenti. Rimane un sogno per ora, ma non si sa mai…
inoltre abbiamo già alcuni brani pronti per un nuovo album, perché la fase creativa non è mai in pausa ed è parte fondamentale del nostro essere band.
Grazie per il tempo che ci stai volendo dedicare, concludi l'intervista nella maniera che più ti aggrada…
Concludo ringraziandoti di cuore per tutto quello che fai e ringraziando i tuoi lettori. Spero che questa piacevole chiacchierata porti qualcuno ad avvicinarsi alla nostra musica. Seguiteci sui social (Youtube, Instagram, Facebook) e sul nostro spazio su Bandcamp.com dove potete acquistare i nostri dischi e il nostro merchandising. A menzus biere! (augurio sardo che significa “arrivederci sempre in occasioni migliori”)
Nessun commento:
Posta un commento