Aver avuto la possibilità di parlare nuovamente con il mio amico Cesare Vaccari è stato emozionante come ritrovare un vecchio compagno di banco del quale se ne erano perse le tracce, ed il venire a sapere che, nonostante le mille avversità che la vita ti pone davanti, in tutti questi anni ha continuato a perseguire il suo sogno e lo ha visto concretizzare, rappresenta per me, umile scribacchino, un motivo in più per portare avanti questa sorta di progetto di divulgazione on line. Si, anche perché i suoi Witchunters sono una band speciale in grado, non solo di abbattere i confini esistenti fra generi musicali posti a volte ai confini, ma soprattutto di colpire l’ascoltatore, anche il più distratto, e questo grazie a qualità tecnico/compositive d’alto retaggio elitario. Lascio dunque con piacere la parola a Cesare e a Miguel, batterista e chitarrista della band per cui…..
Intervista raccolta da: Beppe "HM" Diana
Ciao ragazzi e benvenuti sulle nostre pagine, come disse il grande Tortora al rientro sulle scene dopo un lungo stop “...dove eravamo rimasti”? Cesare, cosa puoi dirci sul passato recente dei tuoi Witchunters degli ultimi anni? Quanto è stato difficile rimettere assieme i cocci del progetto musicale ed assemblare una line up convincente sotto molti punti di vista?
Cesare: Ciao Beppe, è un piacere risentirti. In realtà non è stato difficile riprendere a suonare insieme. I Witchunters erano in pausa dal 2001, quando ciascuno di noi aveva attraversato un periodo in cui i vari problemi personali avevamo temporaneamente messo la musica in secondo piano. Nel 2009 la voglia di fare qualcosa di nuovo aveva portato Stefano Adani, che aveva cantato con noi dal 1992 al 2001, a contattarmi per riprendere una collaborazione. Contemporaneamente Miguel e Cristiano avevano iniziato a buttar giù delle idee per delle nuove canzoni, ma non avevano un batterista e un cantante. Sembrava una buona occasione per unire gli sforzi. E così è stato e sono nate le primissime versioni di All You Can Feel e Words. Purtroppo gli obiettivi da raggiungere non erano gli stessi per tutti e quattro, e questo ha portato all’abbandono della band da parte di Stefano. Trovare un nuovo cantante non è stato facile e siamo rimasti senza per parecchio tempo. Poi abbiamo conosciuto Salvatore Mulè, molto più giovane di noi e pieno di entusiasmo, che è entrato nei Witchunters a cavallo tra il 2017 e il 2018. Le caratteristiche vocali di Salvatore però erano un po’ lontane da quelle adatte al metal melodico verso il quale le nuove composizioni si stavano dirigendo. Quando nell’autunno del 2021 abbiamo iniziato a registrare le nuove tracce ci siamo resi conto che era veramente difficile ottenere un risultato che soddisfacesse tutti. Abbiamo allora contattato Marcello Monti, vecchia conoscenza di Miguel e Cristiano. Il suo inserimento nel gruppo, dell’autunno 2022, ha dato una vera e propria svolta alle nuove canzoni. Sia a livello tecnico, che nella stesura dei testi Marcello è un artista completo e permette di trovare soluzioni melodiche e compositive che si adattano perfettamente al risultato finale che vogliamo raggiungere. In poche parole, è una garanzia. E’ con questa formazione che siamo arrivati alla registrazione e alla pubblicazione di “Time Is Running”.
Mettendo in relazione i vostri due ultimi lavori, non si può non evincere la crescita artistica, o meglio ancora l'evoluzione, alla quale siete andati in contro in tutti questi anni, questo mi fa capire che, a livello puramente strumentale, non siete rimasti totalmente inattivi, è veramente così?
Cesare: Giusta osservazione. In effetti tutti noi non abbiamo mai smesso completamente di suonare. Durante la pausa con i Witchunters io ho suonato per una decina d’anni in una cover band di rock anni ’80. Miguel ha approfondito le sue conoscenze di chitarra jazz e non solo. Cristiano ha suonato e suona tuttora in diverse band di Modena e dintorni. Marcello è stato sicuramente il più attivo, visto che la musica è un elemento fondamentale del suo lavoro.
Credo che un tassello fondamentale sia stato proprio il comeback di Miguel che, rispetto ad un passato recente, sembra più maturo e determinante per l'assetto compositivo della band, dico bene?
Cesare: Hai perfettamente ragione. Come, quando nel 1985 Miguel entrò a far parte degli allora appena formati Witch Hunters, portando con sé un bagaglio notevole di idee e entusiasmo, così il suo rientro nei Witchunters di oggi è stato fondamentale sia a livello compositivo che di innovazione. Penso che non possa passare inosservato a chiunque ascolti “Time Is Running” il suo lavoro chitarristico, sia ritmico che solista.
“Time is running” è un lavoro sicuramente più maturo ed ambizioso del precedente “...and It's Storming Outside”, che alla fine era stato concepito come una semplice demo, in che maniera siete arrivati ad imbastire un lavoro così ambizioso?
Miguel: “Time is running” è diciamo un sunto delle nostre esperienze di vita. Riassume quello che le nostre esperienze ci hanno insegnato, arrivando a capire che tante cose che davi per scontate erano stereotipate dalla società in cui viviamo e che la realtà, ma è più giusto dire le realtà, sono tante e variegate.
Cesare: C’è anche da dire che i due lavori sono frutto della collaborazione di persone diverse. L’unico elemento in comune tra i due album sono io, quindi per forza di cose i concetti e gli argomenti trattati sono di altro tipo e di spessore diverso, responsabile di questo anche una diversa maturità di chi ha concepito le canzoni.
Quanto è difficile far convogliare gli umori, le passioni, e le pressioni di quattro musicisti all'interno di un’unica direzione? Siete mai scesi a compromessi?
Miguel: A dir la verità, non è stato difficile, siamo persone che amano suonare e confrontarsi, ognuno di noi ha le sue esperienze tecniche che ha reso il tutto più semplice. Se fossimo scesi a compromessi forse avremmo avuto risultati numericamente e commercialmente più consistenti.
Potete spiegarci quali sono state le emozioni e gli stati d'animo che avete attraversato durante tutte le sessioni di registrazione? C'è stato un momento durante la fase di composizione del disco in cui avete superato il vostro limite di sopportazione globale?
Miguel: Ogni fase delle registrazioni é stata molto emozionante, non vedevamo l’ora di poter ascoltare il risultato finale di ogni canzone. A parte Marcello che è subentrato negli ultimi mesi prima delle registrazioni, eravamo già tutti ben rodati e certi di quello che volevamo ottenere. Forse Marcello ha dovuto sopportare qualcosa in più’, ma professionista qual’è non ha avuto problemi nel trovare le soluzioni vocali più adatte alle varie situazioni.
Cesare: Per noi essere in studio a registrare le nostre canzoni non è cosa di tutti i giorni e come dice Miguel, le emozioni sono sempre molto forti. Chiaro che un po’ di nervosismo ci può essere e qualche piccolo screzio è da mettere in preventivo. Tutto entro i limiti e in genere esposto in modo costruttivo.
Concretamente la fase compositiva è un vero e proprio lavoro di gruppo, oppure le idee dei brani sono elaborate da uno solo di voi, e poi ognuno apporta le proprie modifiche?
Cesare: In genere è Miguel a proporre un riff di partenza e le varie sezioni della canzone. Si prova insieme diverse volte per definire gli arrangiamenti base di basso e batteria. Quando la canzone inizia a prendere forma Miguel comincia a definire meglio gli arrangiamenti della chitarra, gli assoli e una linea melodica di base per il cantato. Per ultimo Marcello prova le linee definitive di cantato e insieme alla chitarra le doppie voci, i cori e tutti gli arrangiamenti della voce. Nonostante la canzone arrivi in sala per essere registrata dopo ore di prove, capita che alcuni arrangiamenti vengano cambiati durante la registrazione. In questo caso Claudio Mulas, il fonico dello studio Art Distillery, è risultato a tutti gli effetti il quinto elemento della band, fornendo consigli e idee che hanno aiutato ad arrivare al prodotto finito.
Comunque, credo che, carte alla mano, abbiate avuto dannatamente ragione a puntare su di un suono più melodico, a mente fredda, siete totalmente soddisfatti di come sia venuto fuori il nuovo lavoro, o pensate che, potendo, cambiereste qualcosa?
Miguel: Come ho imparato si può sempre migliorare, ma con i mezzi tecnici e il tempo che avevamo a nostra disposizione penso che siamo riusciti ad ottenere il massimo, grazie anche a Claudio, fonico della Sala di registrazione, di cui ha già parlato Cesare, che ci ha supportato con consigli assolutamente di pregio.
Anche lo splendido lavoro di artwork amplifica, se vogliamo, quel senso di creatività che permea tutto l'album.
Cesare: L’artwork è spettacolare, Jahn Vision Art ha fatto un lavoro fantastico. Quando abbiamo visto per la prima volta la grafica dell’album siamo rimasti senza parole. E’ un peccato che chi ha un approccio con questo prodotto solamente attraverso le piattaforme digitali si perda il 90 % dell’artwork del digipack, del dischetto e del booklet a 8 pagine con i testi.
La pubblicazione del disco da parte della Underground Symphony è una sorta di cerchio che si chiude, come hai ritrovato Maurizio dopo tutti questi anni? Gli anni passano anche per lui, ma credo che la fiamma della passione sia sempre la stessa, non trovi?
Cesare: E’ stata in effetti una straordinaria combinazione che a trenta anni di distanza da “…and It’s Storming Outside”, primo CD pubblicato dall’Underground Symphony nel 1994, sia uscito questo nostro secondo lavoro per la stessa etichetta. Se anche solo 6 mesi fa mi avessero detto che sarebbe successo non ci avrei creduto. Maurizio a mio parere è una persona straordinaria; dietro al suo atteggiamento un po’ burbero c’è indubbiamente una grande passione per la musica. Se non fosse così non potrebbe essere ancora lì a fare il suo lavoro, a combattere tutti giorni perché le cose vadano nel modo migliore possibile, a cercare di gestire decine di persone ognuna con le proprie convinzioni, con il proprio carattere e con le proprie esigenze, soprattutto in un momento come questo in cui l’industria musicale è “alla canna del gas”, per citare proprio lui. Questi sono pareri personali, una cosa però è oggettiva e non si può negare: sono trent’anni che L’Underground Symphony è impegnata nella distribuzione e nel far conoscere il metal italiano e non solo, nel mondo.
Qual'è il vostro rapporto con i cosiddetti social network? Credete che internet sia un ottimo mezzo per una band relativamente giovane come la vostra nel promuovere la propria musica?
Cesare: Sinceramente io non sono molto social, mi limito a seguire qualche canale di YouTube. In questo ambito sono sicuramente più inseriti Marcello e Cristiano. Questo non vuol dire che non riconosca l’importanza che hanno nella diffusione della musica a livello mondiale. Sono mezzi molto potenti che se fossero stati disponibili negli anni ’80 avrebbero cambiato notevolmente il panorama metal italiano.
È innegabile non ammettere che certe sonorità vintage, sono ritornate a fare capolino su giornali e magazine di settore, non temete che si possa venire a creare una sorta di rigetto come è già successo con altri generi riportati all'attenzione dell'audience ed ora completamente al tracollo??
Miguel: Può darsi, ma noi siamo nati e cresciuti con quel sound ‘80/’90, difficile e forse sconveniente fare qualcosa di diverso.
Cesare: Sarà perché io ascolto molto metal melodico e che ho sempre trovato prodotti di qualità in tutti questi anni che non penso che il rischio sia di arrivare ad un tracollo per queste sonorità.
Cesare, su una vecchia compilation in cd che mi registrasti parecchio tempo addietro c'era riportata una frase che diceva “...molte band tedesche di oggi ci fanno sorridere” a cosa alludevi veramente? Alle difficoltà che la band aveva incontrato durante la sua esistenza o cosa?
Cesare: Che memoria che hai… All’epoca, metà anni ’90, avevo raccolto in un unico CD i nostri demo e le nostre canzoni uscite nelle varie compilation. Era un momento in cui dalla Germania arrivavano decine di band metal tutte uguali e che sinceramente non è che proponessero cose molto diverse da quello che noi suonavamo già negli anni ’80. In particolare per quanto riguarda il demo “Doomsday”, che tra l’altro è stato ristampato l’anno scorso in cassetta in Cile. Era una frase scherzosa che però non era così tanto lontana dalla realtà.
Se non erro per anni hai lavorato per la Brunetti celebre casa costruttrice di amplificatori, avrai visto passare in ditta molti endorser, puoi svelarci qualche simpatico aneddoto su alcuni dei musicisti più quotati in giro?
Cesare: Giusto, ho lavorato per Brunetti Tube Amplification dal 1993 al 2001. Ho visto passare molti chitarristi in azienda. Massimo Varini (Antonacci, Nek), Lele Leonardi (Irene Grandi), Tony Fontò (White Skull), Kee Marcello (Europe), Nuno Bettencourt (Extreme), Dodi Battaglia (Pooh), Kiko Loureiro (Angra, Megadeth) e tanti altri. Quelli che ricordo meglio e con i quali avevo un ottimo rapporto erano Olaf Thorsen (Vision Divine, Labyrinth), sempre modesto e collaborativo, e Alex De Rosso, che in quel periodo era stato ingaggiato dai Dokken e la sua felicità era alle stelle visto che George Lynch era sempre stato il suo chitarrista di riferimento. Aveva realizzato il suo sogno.
Adesso mi Marzullizzo e ti chiedo signor Cesare Vaccari, si faccia una domanda, e si dia una risposta”..... i sogni aiutano a vivere o la vita è un sogno??
Cesare: Di nuovo si presenta il sogno. Propendo di più per la prima affermazione. I sogni aiutano a vivere e rendono la realtà meno dura da affrontare. Il bello è che ogni tanto riusciamo ad avverarli. Non credo che la vita sia un sogno, ogni problema che ci troviamo ad affrontare giornalmente ce lo ricorda.
Qual è lo scopo finale che vi siete posti di raggiungere come band?
Miguel: Per quanto mi riguarda, ho già raggiunto il mio traguardo, i miei figli si sono accorti che hanno un vero musicista in casa: un conto è sentirti suonare a casa, un conto vedere un tuo video su YouTube o sentirti su Spotify… questa è la realtà attuale.
Cesare: Realizzare “Time Is Running” è stato sicuramente un traguardo importante e una grande soddisfazione avere in mano qualcosa che è stato il frutto del nostro lavoro dopo tanti anni di gestazione, ottenuto grazie alla collaborazione con Gianluca che ha fatto un artwork fantastico e Maurizio, sempre molto professionale. Tutto quello che faremo per promuoverlo ci terrà impegnati ancora per molto. Abbiamo in programma un altro video dopo quello della canzone omonima. Altro appuntamento importante sarà la partecipazione alla compilation per il trentennale dell’Underground Symphony con un pezzo inedito. E poi c’è sempre la voglia di suonare dal vivo! Un grandissimo traguardo sarebbe dare un seguito a questo album.
Guardandovi indietro pensate di avere qualche rimpianto, oppure credete che tutto sia il frutto di un cammino artistico? Siete dell’idea che, con una formazione più solida, il destino della band poteva prendere un’altra piega?
Miguel: Non ho dei rimpianti, molto dipende dalle decisioni che prendi e da cosa vuoi fare nella vita. Se vuoi fare il musicista a tempo pieno e non vieni da una situazione agiata devi pensare alle difficoltà che avrai ad avere una famiglia e ai problemi economici che un musicista soprattutto in Italia deve affrontare. Sono veramente pochi i professionisti che vivono di musica nel nostro paese. Per quanto mi riguarda, ho deciso di avere una famiglia, dei figli e di dedicare il mio tempo libero alla musica. Questo limita certamente gli obiettivi che si possono raggiungere dal punto di vista artistico, ma come ho detto, sono scelte.
Cesare: Anche io non ho dei veri e propri rimpianti, tornando indietro direi che più o meno prenderei le stesse decisioni. Posso dirti le cose che avrei voluto fossero andate diversamente, ma che non sono dipese direttamente da nostre scelte. Mi è sicuramente dispiaciuto dopo l’esperienza inglese del 1986 insieme a Pete Hinton, non essere tra le band che hanno suonato all’Hammersmith Odeon l’anno successivo. Anche che “Different Universe” non abbia mai visto la luce è stato motivo di rammarico. Secondo me sarebbe stato un ottimo album, le canzoni meritavano ed erano state ben arrangiate. La produzione avrebbe potuto essere migliore e i suoni avrebbero dovuto essere più heavy. In quell’occasione la fretta di finire per contenere i costi ha influito moltissimo sulla qualità finale, ma all’epoca eravamo convinti di aver ottenuto il massimo. Una cosa che è rimasta incompiuta e che forse avrebbe cambiato le caratteristiche della band e il suo destino è stata la collaborazione interrotta troppo presto con Pier Mazzini, tastierista molto versatile e creativo con il quale abbiamo composto un paio di canzoni molto interessanti ma che sono rimaste inutilizzate.
Cesare, a livello puramente personale, pensi che la tua carriera da musicista avrebbe preso un’altra piega se ti fossi trasferito nel nord del nostro paese?
Cesare: Penso di no.
Quant’è difficile portare avanti una band in un paese asettico come il nostro, dove suonare non ti permette nemmeno di pagare le classiche bollette?
Miguel: Se fai musica nel tempo libero e per puro divertimento senza aspettarti fama e gloria allora non è difficile, viceversa è un veramente complicatissimo.
Cesare: Noi abbiamo sempre suonato soprattutto per divertimento, dedicando alla musica il tempo che rimaneva dagli impegni famigliari e lavorativi o di studio. E’ chiaro che con il passare degli anni questo spazio si è sempre più ristretto e quindi la difficolta principale è quella di riuscire a trovare il tempo per questa grande passione. Basti pensare che negli anni ’80 provavamo 3 volte alla settimana, adesso facciamo una prova ogni due settimane. Il pensiero di pagarci le bollette non mi ha mai neanche sfiorato, al massimo il costo della sala prove… Comunque con tutte le difficoltà che si incontrano soprattutto per suonare dal vivo è comunque difficile portare avanti una band senza avere dei momenti di frustrazione.
Ok ragazzi siamo veramente alla fine, per cui...
Cesare: Mi sembra importante ringraziare te per la bella recensione che hai fatto di “Time Is Running”, della quale condividiamo ogni riga. Grazie anche per questa intervista veramente completa. Un saluto a tutti i lettori di Forging Steel, con la speranza di conoscerne qualcuno di persona ai nostri concerti.
Miguel: Alla prossima!
Stay Heavy!
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