Abighor - Outside the Window


Un vero fiume in piena!!! Inesauribile Giancarlo Mattei, personaggio storico della scena nazionale tricolore, che si è scatenato al fuoco incrociato delle nostre domande, anche perchè, uno con la sua esperienza, di cose da dire ne ha, e anche tante, prima fra tutte le curiosità legate agli storici Abighor, formazione feslinea che, a cavallo fra gli anni ottanta ed i novanta, seppero mettere in mostra un'evoluzione compositiva che, dal primordiale thrash metal tout court degli esordi, li condusse verso lidi più vicini ad un power metal melodico di tacita matrice progressiva che raggiunse il culmine sulle tracce di quel "Anticlockwise" del 1994. 


Lascio la parola al nostro interlocutore e....
Intervista raccolta da: Beppe Diana


Ciao Giancarlo, innanzitutto grazie per la tua disponibilità e per il tempo che ci stai volendo dedicare, iniziamo dagli albori, in che occasione hai conosciuto i ragazzi della band, e come è nata l'idea di mettere su un gruppo metal come gli Abighor? E prima di formare questa band, qualcuno di voi aveva in precedenza militato in altre formazioni, o cover band metal?
Ciao Beppe, per narrare gli inizi occorre tornare indietro di ben 24 anni… erano i tempi delle scuole superiori ed eravamo a metà degli anni 80. Lo smisurato amore che avevo per l’Heavy Metal mi portò a stringere forti amicizie con ragazzi coetanei che avevano la mia stessa passione, tra cui Gio’ Gamberini e Stefano Benaglia, con i quali iniziai a formare l’idea di poter costruire una band metal tutta nostra.
Inizialmente provai a cantare con un gruppo di cover hard-rock, gli Steel Raining, poi non potendo soddisfare la mia indole creativa, abbandonai la situazione e nell’87, con Gio’ alla chitarra e Stefano alla batteria, fondammo i “Legion of Abigor” .Poco tempo dopo, con l’inserimento di Davide Baraldi al basso proveniente dagli Akront di Modena, nacquero gli Abigor (senza H fino al 1994)
Abigor era il nome di uno spirito degli Inferi dedito alla guerra e la cosa singolare era che provavamo in uno scantinato in via dell’Inferno in centro a Bologna…

Ok, quindi, all'epoca del vostro debutto ricordo che eravate più legati a sonorità thrash metal, non a caso il vostro demo "Wings of the End" verte su sonorità molto ruvide ed in your face, come e dove si svolsero le sessioni di registrazione di quel nastro? Che ricordi hai di quel primo periodo?
I ricordi sono bellissimi, l’entusiasmo che avevamo è difficilmente descrivibile a parole… Cristiano Benassi, che era il nostro fonico nelle prime uscite live della band, si unì come  chitarrista agli ABIGOR poco prima di entrare in studio per le registrazioni di Wings of the End e solo alcuni giorni prima di una nostra esibizione al teatro laboratorio di Verona. Era il dicembre del 1988 ed agli studi SubCave iniziammo la nostra vera avventura nel mondo della musica con le registrazioni del primo demo-tape. Le sessioni durarono circa due settimane e fu veramente emozionante ascoltare per la prima volta la nostra musica registrata in modo professionale.
Come tu hai ricordato il nostro genere si poteva etichettare Thrash metal… Ai nostri concerti infatti, il pubblico si lanciava in pogate trascinanti in quanto gli ingredienti che tentavamo di proporre durante le nostre performances erano ispirati a quelli delle bands della Bay-Area.
Io, che ero un appassionato dell’occulto, provavo a condire il tutto con una impronta alla King Diamond, che rendeva l’insieme ricco di interesse per i metal kids dell’epoca. La voglia che avevamo di fare musica nascondeva le problematiche tecniche che spesso affioravano e l’entusiasmo dei ragazzi che ci seguivano era talmente tanto da mascherare ogni dettaglio. Stupendo….

Toglimi una curiosità, quali erano le band a cui vi ispiravate durante la composizione dei vostri brani?
La proposta musicale degli ABIGOR si orientava molto a ciò che in quel periodo ascoltavamo in modo maniacale ed infatti trasuda da quel nastro l’adorazione che avevamo per i Metallica, i Mercyful Fate, gli Slayer e gli Helloween. Proprio questi ultimi ci offrirono molti spunti sull’evoluzione artistica della nostra band.

 Ok, parliamo proprio del secondo "The Bloody Cross", una demo che sia dal lavoro d'artwork, che a livello di qualità di song, mostrava già una band nel pieno delle proprie qualità tecnico/compositive, dico bene?
"The Bloody Cross" da un punto di vista compositivo è senz’altro un lavoro interessante e delinea un passaggio importante… Le idee infatti c’erano ma ancora non riuscivamo tecnicamente a renderle efficaci. Enrico Battaglioli che in questo demo suona la batteria, ci ha favorito in questa nuova espressione musicale, ma gli ABIGOR non erano ancora pronti per rendere credibile al 100% questa nuova proposta. Molti fans dell’epoca non digerirono "The Bloody Cross" in quanto non aveva per loro l’impatto giusto. Lo stesso Klaus Byron che lo recensì su Metal Shock, affermò di preferire la tittle-track a tutte le altre songs; pezzo che fu scritto all’epoca di Wings of the End e che non entrò in quel demo per ragioni economiche.

Mi parleresti di come sono nate song d'impatto come “Sword of the Saint “ e “Negative Discharge” registrate nello studio personale degli amici Rain?
“Sword of the Saint “ fu il primo pezzo fortemente variegato della nostra produzione; da un punto di vista musicale si ispira moltissimo ai Mercyful Fate di Melissa con stop and go continui e massicci, mentre per l’aspetto delle liriche trattasi di uno dei primi brani che non tocca temi legati all’occulto, ma bensì denuncia il fenomeno della censura che si propagava in maniera decisa nel mondo. Anche “Negative Discharge” prosegue il percorso delle liriche impegnate socialmente così come il resto delle songs di quel demo, tranne “My Damned House” che narra di una casa infestata da spiriti (originale !!!)
“Negative Discharge” inoltre vede protagonista dell’assolo, il buon Luciano Tattini, all’epoca chitarrista storico dei RAIN che ci ospitarono per le registrazioni di quel nastro. Eravamo con loro in ottimi rapporti di amicizia così come con gli URBAN FIGHT.

Con quali parole descriveresti l'impatto live della band in quegli anni? Ma dal vivo avevate creato qualcosa di particolare per i vostri fan dell'epoca? Che concerto ricordi con particolare emozione?
Ogni concerto era una festa, noi ce la mettevamo tutta al di là delle capacità tecniche e, come ti ho già detto, il pubblico era molto ispirato ed aveva voglia di musica potente e divertimento… Il live che mi colpì però, negativamente, fu quello al nostro vecchio Istituto Tecnico nel 1989, dove ci furono ragazzi che travolti dal pogo, non capirono lo spirito e reagirono creando una rissa mostruosa sfociata con l’interruzione del concerto da parte del preside e l’arrivo delle ambulanze… proprio come nei telefilm americani…
Nei periodi successivi all’uscita di “Outside the Window” , nei primi anni 90, suonammo il primo maggio in Piazza Maggiore a Bologna di fronte a 5000 persone così come al PalaDozza di supporto ai Timoria ed agli Skiantos. E questi forse sono i live più emozionanti dell’epoca pre-contratto… Ma comunque ce ne sono stati tanti ed ognuno ha la sua piccola storia da raccontare….


Comunque "The Bloody Cross" assume le sembianze del lavoro di rottura che chiude un capitolo per aprirne uno nuovo, non a caso il vostro step discografico, il mastodontico “Outside the Window” vira verso un heavy metal molto più tecnico, melodico e ricco di spunti progressive, in un connubio di stili musicali che abbinava con disinvoltura parti lisergiche e più volutamente speed metal, ad aperture più atmosferiche ed a volte anche raffinate…..

Un lavoro composto da dieci brani, molto curati tecnicamente, fra i quali cui spicca la splendida suite “Nobody’s History” della durata di oltre 10 minuti, ce ne parlesTi?
“Outside the Window” rappresenta il lavoro che ci ha regalato più soddisfazioni, sia da un punto di vista compositivo che tecnico… Da circa due anni (1991) la band si era rinnovata con l’inserimento di Daniele Biffi al basso e Christian Nowak alla batteria, proprio per definire in modo deciso il nuovo percorso musicale. Insieme infatti lavorammo moltissimo per migliorarci tecnicamente, io stesso frequentai lezioni di canto per diverso tempo da ISKRA MENARINI (corista di DALLA) proprio per allinearmi allo standard del resto della band. Questo demo, racchiude un’ora di musica e fu registrato all’inizio del 1993 presso i TMB studios di Modena, tutto in analogico….Ascoltandolo ancora oggi, trovo che il metal di “Outside “ era assolutamente in linea ed in parallelo con cio’ che di “nuovo” ci perveniva dal resto del mondo. Anche la critica se ne accorse e Stefano Manzone  (FLASH) venne addirittura da Torino per ascoltarci live a Bologna insieme ai Crying Steel… La Dracma Records ci propose un contratto, lo fece poco più avanti anche la Lucretia Records, insomma il nostro lavoro piacque moltissimo nel settore…. Pensa che riuscii a vendere per posta circa 600 copie !!!

Senti Giancarlo, se non ricordo male all’epoca si parlò dell’interesse di Limb Schnorr, ex manager dei teutonici Helloween, cosa c’è di vero in tutto questo?
Limb ascoltò “Outside the Window” e ci mosse alcune critiche sulla stesura dei cori; il lavoro però nella sua globalità lo convinse a tal punto da proporci un contratto per la sua etichetta. Era un progetto però molto penalizzante per l’artista, che avrebbe dovuto sottostare a clausole piuttosto restrittive, regalando di fatto a Limb tutti i diritti sui pezzi. Eravamo molto attratti dal suo carisma e lo raggiungemmo telefonicamente anche ad Amburgo.

Interesse che, comunque, vi porterà a siglare un deal con l’etichetta Lucretia International all’epoca molto attiva su più fronti, ma come nacque il deal fra la band e l’etichetta del buon Lorenzo Dehò?
Fortunatamente infatti arrivò la Lucretia Records che ci propose un progetto impossibile da rifiutare e fece tramontare in noi l’idea di legarci a Limb.
Lorenzo era entusiasta di Outside e voleva fortemente iniziare a lavorare con noi…
Gli ABIGOR furono la prima band dell’etichetta, a parte i TIME MACHINE dello stesso Dehò e cio’ ci riempiva di orgoglio. A causa di una scomoda omonimia con gli ABIGOR austriaci inserimmo di comune accordo con la produzione una H fra la G e la O mutando il nome in ABIGHOR.

Il primo, ed ahimè unico, lavoro nato da quel sodalizio“Anticlockwise”, è un disco che, pur presentando molte composizioni di “Outside the Window”, per l’occasione prontamente ri-arrangiati, risplende di luce propria, quali sono i ricordi che ti porti di dentro di quelle sessioni di registrazione?
Il disco fu registrato a Milano al New Hammil Studio nell’estate del 1994 dal buon Roberto Gramegna. Furono però registrazioni sofferte … soprattutto per il sottoscritto… mi ritrovai infatti più volte senza voce e con la disponibilità in termini di tempo dello studio che scarseggiava. I suoni poi facevano fatica ad essere competitivi con le produzioni d’oltralpe e passammo molti giorni a curare i mixaggi con il nervosismo che imperava. Il tutto avvolto da un’afa estiva milanese insopportabile.
Alla fine però “Anticlockwise” venne alla luce fra molti problemi e sofferenze.
Di quelle sessioni conservo anche bellissimi ricordi come l’amicizia con Roberto Gramegna.

Oltre al mercato del vecchio continente, anche quello legato al sol levante fu terreno fertile per l’ascesa degli Abighor, dico bene?
Lorenzo Dehò fece un ottimo lavoro promozionale…Il disco andò molto bene in Italia e Radio Rock FM lo inserì nel suo palinsesto quotidianamente. Le buone critiche dei giornali del settore, le interviste e l’esibizione allo storico Rock Planet di Milano, ci proiettarono ai vertici del metal nostrano.
All’estero l’interesse dei giapponesi portò Lorenzo a pensare ad una riedizione ed ad operare alcune ristampe per il sol levante. A conti fatti presumo che il CD possa aver superato le 5000 copie vendute.

Successo che vi spinse ad intraprendere una sorta di mini tour italiano in compagnia degli allora astri nascenti Angra, dico bene?
E qui sono nati i primi grandi problemi della band….
Lorenzo ci aveva procurato anche una data di supporto agli Helloween che non si fece a causa dei problemi sorti all’ugola di Andy Derris, il quale fece annullare tutte le date della band tedesca in Italia. La notizia arrivò via Fax due giorni prima del concerto e non ti nascondo l’enorme delusione che subimmo in quella circostanza.
Poi nel maggio del 1995 la data con gli Angra… Tutto era pronto, ma Christian iniziò ad avere grossi problemi al ginocchio e non se la sentì di suonare… La diagnosi fu devastante per la band, in quanto Christian soffriva di una rara patologia rotulea che consumava il suo ginocchio. Il tour di supporto al disco si bloccò istantaneamente ed il morale degli ABIGHOR precipitò sotto-terra, anche perché all’orizzonte si prospettava una data di supporto ai Dream Theater.
Il nostro posto fu preso dagli ELDRITCH.  Decidemmo di aspettare la guarigione di Christian che nel frattempo si era operato. In quei momenti bui cercammo di dare un futuro alla nostra musica inserendo un tastierista, Marco Anderlini, (ex REX IRAE) Con lui trovammo stimoli per nuove composizioni e per superare questo periodo negativo.

Come mai nel 1997, ovvero ben due anni dopo l’uscita di “Anticlockwise”, la Lucretia records immise sul mercato una nuova versione “rivisitata” del disco?
Anche Lorenzo era molto deluso da ciò che era successo… per lui rappresentò un grosso problema economico non sfruttare la scia di “Anticlockwise” ; così per recuperare qualche soldo, soprattutto in Giappone, decise di rivisitare il vecchio CD, remixando i brani, riarrangiandoli e vestendo il prodotto con una nuova grafica.

Se non ricordo male, proprio tu stesso fusti molto dubbioso di questa scelta, vero?
Discussi più volte con Lorenzo, per partecipare attivamente a questa operazione, per consentire a Marco di suonare nuove parti di tastiera, ma Dehò non era più disposto ad investire su di noi in quanto la fiducia nei nostri confronti era venuta a mancare. Così fece tutto di testa sua con il risultato che oggi possiamo ascoltare… Non biasimo Lorenzo per questo, in quanto capisco la sua posizione e le problematiche che ha dovuto affrontare proprio nel momento in cui doveva lanciare gli ABIGHOR.

Un album che, se da una parte sancì definitivamente la crescita artistica della band, dall'altra decretò l'inizio della fine degli Abighor, anche perché proprio con l’abbandono del drummer Christian Nowak la band comincia a sfaldarsi, all’epoca si disse per divergenze musicali, cosa c’è di vero in tutto questo?
Christian in realtà si riprese e nel settembre del 1995 andammo addirittura in Calabria a suonare insieme ai Glacial Fear; ma oramai la situazione era compromessa ed era venuto a meno quello spirito che ci aveva fatto entusiasmare e sognare per tanti anni.
Christian ben presto non se la sentì più di continuare in quanto spesso denunciava dolori alle articolazioni che finivano per frenare la sua voglia di suonare la batteria; così per evitare di ostacolare ulteriormente il nostro cammino decise, con immensa sofferenza, di abbandonare gli ABIGHOR.
Per noi fu un momento drammatico anche per l’enorme amicizia che in questi anni si era cementata al nostro interno; pensare di continuare senza di lui appariva quasi inaccettabile. Ma comunque non ci arrendemmo e dopo interminabili e logoranti audizioni, nel 1996 reclutammo dietro le pelli un sedicenne fenomenale, Emi Pierro, con il quale suonammo fino allo scioglimento del 1997.  Facevamo fatica a comporre del metal e la passione per il Progressive era in alcuni di noi trascinante. Fu per questo che continuare ad essere gli ABIGHOR non aveva più senso risultando fuori luogo.
Quella band per noi aveva rappresentato tutto, era un’entità viva che respirava, che si nutriva e che mostrava la sua rabbia ed il suo amore, in quel momento era invece rimasta come un corpo senz’anima e quindi appariva in noi una logica soluzione chiudere questa avventura per iniziarne altre. Una scelta che, ti lascio immaginare, pregna di dolore da parte di tutti noi…

Musicalmente parlando, cos'hai combinato dopo lo split della band? Ci parleresti del progetto Atto II che, a livello di intenti, rappresentava l’ideale proseguimento artistico della band madre?
Gli ATTO II dovevano incarnare proprio quella nuova ondata di stimoli musicali che ci aveva travolto.
Scegliemmo di scrivere le liriche in italiano dando un taglio netto ai contenuti che ci contraddistinsero in passato… Cristiano ed Emi non se la sentirono di seguire questo nuovo percorso ed abbandonarono la nave.. Cristiano infatti era ancora molto legato al metal classico e voleva esprimersi in tal senso, mentre Emi, troppo attratto dai Dream Theater, volle dedicarsi interamente al neonato progetto PROLOUD. Così io, Giò, , Marco e Daniele trovammo in Maurizio Zamboni, proveniente dai NORDS, un buon interprete di questa nuovo corso artistico ed iniziammo subito a comporre nuovi brani.
Nel frattempo contattammo anche la Lucretia Records chiedendogli cosa ne pensava di questa situazione e se era disposta a rinnovarci la fiducia. Lorenzo fu molto chiaro, il cantato in italiano penalizzava l’internazionalità del prodotto ed era contro producente per la sua tipologia di mercato discografico, così risolse il nostro impegno nei suoi confronti chiudendoci la porta della sua etichetta.
In realtà questa reazione non fu una sorpresa ed eravamo prontissimi a ricominciare da zero. Così nel 1998 registrammo”il Buio”, che si presentava come un lavoro colorato da forti tinte progressive rock che appagò la nostra fame di cambiamento. La critica lo accolse con favore e riuscimmo a partecipare anche alla trasmissione televisiva HELP di Red Ronnie nella quale suonammo dal vivo un pezzo di 8 minuti …
Gli ATTO II furono una bellissima esperienza ma durarono, ahime, molto poco, in quanto nel 1999 ognuno di noi intraprese strade diverse a causa delle classiche divergenze musicali. Così raggiunsi, Emi nei PROLOUD e con questa band rivitalizzai la mia dimensione artistica… tanti concerti, contratto discografico con la Sublime ed uscita ufficiale nel 2002 con “Rebuilding”.
Un CD molto apprezzato dalla critica specializzata di tutto il mondo, ma che non fu supportato dalla band che poco dopo la pubblicazione del disco si sciolse per consentire la carriera di turnista ad alcuni  membri dei PROLOUD. A me apparì come una sorta di maledizione…cause diverse ma stesso epilogo degli ABIGHOR.

 Scusami la mia sfrontatezza, ma se non è troppo, a livello puramente artistico, com'è cambiato in tutti questi anni il modo di rapportarti alla musica suonata e concepita? Non hai mai pensato che se fossi nato in un altro paese, diciamo la Germania, forse la tua vita artistico/musicale sarebbe, diciamo, cambiata?
Fin dall’inizio ho sempre avuto la visione della musica come di una meravigliosa coreografia per uno spettacolo teatrale, dove al racconto dei brani fa da sfondo la potenza, la melodia e la costruzione della composizione musicale. Questo intendimento ha trovato piena espressione quando mi sono avventurato soprattutto con ATTOII e PROLOUD, in ambientazione puramente progressive.
Il progressive rock infatti ha rappresentato negli ultimi 15 anni, il mio grande amore ed anche se oggi propongo con i MANTIDEATEA un rock più melodico e di facile ascolto, non nascondo che sono perdutamente attratto da quelle situazioni.
L’Italia è stata negli anni 70 una formidabile fucina di talenti progressive e spesso mi rammarico di non aver vissuto in quel periodo. Da quel momento in avanti la musica del nostro paese ha subito un inviluppo ciclopico; quasi tutte le realtà musicali più interessanti sono rimaste confinate in cantina con pochi spazi a disposizione; lo stesso metal degli anni 80 che era vissuto con grande trasporto, era visto solo come un fenomeno di nicchia ed i loro protagonisti costretti ad allontanarsi dall’Italia per poter affermare la propria musica.
La Germania, che tu giustamente citi, era ed è, anni luce più avanti del nostro paese… forse nascere in terra teutonica avrebbe alimentato maggiormente le speranze di esercitare la professione di musicista senza scendere ad umilianti compromessi. Un esempio: nel ’99 mi fu chiesto di partecipare alle selezioni di Sanremo giovani… le condizioni erano: lasciare i miei progetti musicali (all’epoca i PROLOUD) e raggiungere in terra ligure questi fantomatici personaggi senza nemmeno aver la possibilità di ascoltare il brano che avrei dovuto interpretare… Per me era inaccettabile e lasciai passare quel treno…

Come mai decidesti un tuo radicale allontanamento dalla musica heavy di stampo classico? Un rigetto, o solo voglia di dare un taglio netto a tutto?
Nessun rigetto, tanto che nel disco dei PROLOUD del 2002 c’è molto, molto metal (ascoltati Last Inhabited Planet)… semplicemente ho sentito l’esigenza di evolvere la mia espressione artistica in forme diverse, dopo essere stato fedele alla linea fino al 1997.  Amo ancora la musica Heavy anche se preferisco situazioni più contaminate e variegate.


Che fine hanno fatto gli altri ragazzi della band? Li senti ancora, siete in buoni rapporti?

Gio’, Cristiano, Daniele e Christian li ritengo tra le persone a me più care…
Alcuni anni fa siamo tornati a suonare insieme e siamo andati avanti fino allo scorso anno !!!
BUYBYE era il nome del progetto e la proposta musicale era una sintesi delle nuove idee che ognuno di noi aveva cementato negli anni precedenti. Un rock-metal alternativo cantato in italiano che ci ha regalato dei momenti molto belli.
La cosa non si è totalmente sviluppata in quanto sia io che Daniele, vista la rinata vena compositiva, volevamo dare seguito attraverso un prodotto a questa esperienza, perdendo un po’ di vista lo spirito che aveva portato a rincontrarci musicalmente. Questo volere non essendo condiviso da tutti, ci ha fatto preferire altre situazioni musicali parallele (MANTIDEATEA), ma non ha incrinato la nostra grande amicizia. Gio’, Cri e Christian suonano ancora insieme.

Ed in un periodo dove le reunion sono all'ordine del giorno, non hai mai pensato di riformare gli Abighor anche solo per un concerto?
Oggi non saremo convincenti come ABIGHOR, quel nome si porta dietro una storia fatta di tante emozioni legate a quel periodo che fu… Molto meglio mantenerlo legato ai ricordi e non fargli vivere un improbabile presente.


Qual'è il tuo rapporto con internet e la rete in generale?

Tu forse non ci crederai, ma quando non c’erano ancora i compilatori e si elaboravano le pagine web scrivendo centinaia di righe in HTML, gli ABIGHOR avevano già il loro sito; erano talmente poche le band italiane che usavano internet, che su RAI TRE durante una trasmissione legata alle tematiche emergenti della rete, mostrarono quel primordiale spazio elettronico che avevo con fatica configurato.
Questo ti dà una idea dell’importanza che ho sempre rivolto al web… Purtroppo però per i musicisti underground la rete è stata letale, spazzando via tutte le piccole etichette che con la loro passione davano voce a tutti coloro che avevano la fortuna di avere un piccolo contratto discografico, sopravvivendo attraverso quel mercato di nicchia che oggi non esiste più. E’ però, altresì vero che ha dato l’oppurtunità a tutti di fare ascoltare le proprie “cose”.
Credo che ad oggi la formula giusta per poter conciliare mercato discografico e web non sia ancora stata trovata.

Pensi che con l'esperienza che hai maturato in tutti questi anni, la tua band avrebbe avuto un futuro più roseo?
No, non lo credo… Ogni periodo della vita ti porta ad intraprendere esperienze ed avventure che sono frutto delle emozioni, dei pensieri e dei sentimenti che provi in quel preciso momento; non si può quindi, tornare indietro nel tempo con l’attuale fardello e pretendere di vivere quelle situazioni nello stesso modo; è proprio per questo che restano speciali ed irripetibili.

Cosa potresti consigliare ad una band che stà per muovere i suoi primi passi all'interno del mondo musicale?
Metterci tanta passione e non scendere a compromessi… Oggi, ad esclusione di pochi “fortunati”, è più difficile che in passato diventare una band di professionisti, quindi tanto vale esprimere fino in fondo il proprio credo diffondendo al massimo le proprie idee, utilizzando tutti gli strumenti che la tecnologia ti mette a disposizione… Per la mia generazione, ottenere un contratto discografico era un punto di partenza, era un passo importantissimo; oggi non è così, in quanto il mercato non c’è più, e se si escludono le major, le altre etichette non fanno nulla di più che stamparti e vendere ai membri della band le copie dei CD stampati.
Anche suonare dal vivo è molto più complesso… Gran parte dei locali sono occupati dalle cover band che, figlie della superficialità del nostro tempo, soffocano la musica “originale” … L’importante è non demordere e cercare o creare il proprio spazio…

Prima di chiudere vorrei sapere chi è il Giancarlo Mattei di tutti i giorni, ovvero cosa fai per vivere?
Sono felicemente sposato, ho una figlia, presto il mio servizio in qualità di tecnico presso una azienda metalmeccanica in provincia di Bologna, abito in un paesino degli Appennini , ho un giardino, una gatta, scrivo, leggo, canto, ecc..ecc..ecc...

Ok Giancarlo, siamo veramente alla fine, ti ringrazio veramente di cuore per il tempo che ci hai concesso, vorrei che concludessi la nostra intervista nel modo che più ti aggrada.
Ho utilizzato questa opportunità che mi hai dato per raccontare un po’ della mia storia musicale e ti ringrazio per non aver posto limiti di spazio alla mia chiacchierata, un lusso che al giorno d’oggi solo in rete si può avere.
Non voglio quindi abusare ulteriormente della tua pazienza e salutando tutti i tuoi lettori, li invito a visitare gli spazi web delle mie band ed ad ascoltare la mia musica…STAY PROG…

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