Tanatos - Never Say Die

 


Continua il nostro cammino alla scoperta delle formazioni storiche della capitale, qusta volta il nostro interesse si è focalizzato sui Tanatos, formazione storica attiva per circa un decennio, che seppe consolidare uno status di fama underground arrivando a pubblicare una manciata di ottime composizioni, e a registrare un album che, come la storia ci insegna, non ha mai visto la luce.
Un cordiale Tony Arcuri, chitarrista storico della band, ci condurrà per mano alla scoperta di questa piccola leggenda metropolitana...
Intervista raccolta da Beppe Diana

Ciao Tony e benvenuto sulle pagine di Hard n’Heavy, grazie per il tempo prezioso che ci stai volendo dedicare, io partirei dagli inizi chiedendoti quando è maturata in te l’idea di diventare un chitarrista rock e di fare di una passione di gioventù una sorte di motivo di vita.
Grazie a Forging Steel per l’interesse mostrato nei confronti dei Tanatos!
Beh, per quanto riguarda la domanda, diciamo che sin dalla prima infanzia, grazie ad uno zio batterista hard rock, che viveva a casa con noi, sono letteralmente cresciuto a pane, Hendrix, Sabs, Purple, Zeppelin ed in seguito Kiss, Queen e Van Halen… dunque per me ascoltare musica Rock e suonare la batteria era una cosa più che naturale, ma poi, un po’ per colpa dei miei (tenere una batteria in casa… ti lascio immaginare) e molto per colpa di Ace Frehley, iniziai a sognare la Gibson Les Paul, in tenera età e non ho più smesso! Ahah!

Quindi prima S.O.S e Martiria formazioni con le quali ti sei fatto le ossa, e poi Tanatos, come ed in che occasione entrasti a far parte di quella band? È vero che avevi già militato per un breve periodo in una delle prime reincarnazioni dei nostri?
Si, in realtà prima i Martiria e poi per qualche mese SOS, dopodiché, parliamo del 1989, i Tanatos mi chiesero di unirmi a loro, colsi l’occasione al volo!
Eravamo amici da sempre e come gruppo mi erano sempre piaciuti, tanto che già nel 1985 ne feci parte per un breve periodo, ma non essendo ancora all’altezza, pensai bene di presentare loro Max Ciccotta, gran chitarrista che, poi nel tempo, si è rivelato una colonna portante del gruppo, sia a livello compositivo (quasi tutti i pezzi provengono da sue idee) che come persona, un grande amico tutt’oggi, come tutti gli altri ex componenti dei Tanatos.

Capisco, comunque il primo passo ufficiale di questo sodalizio, fu proprio la registrazione del demo “Wall of Glass”, terzo lavoro del gruppo che ti vedeva finalmente protagonista in prima persona, che ricordi hai di quelle sessioni di registrazione?
Dunque, le cose andarono così: il demo non era in programma ma, grazie ai 4WD, storica band romana, venimmo contatti da un ragazzo che stava cercando di produrre una compilation di metal romano, il quale era disposto a pagare lo studio per la registrazione.
Così, cogliemmo l’occasione al volo ed oltre al pezzo “prodotto” da questo “santo” (Wall of Glass), registrammo a nostre spese un altro brano (Arkham), ed ecco così il demo “Wall of Glass”, che ebbe un discreto riscontro tra le fanzine nazionali e straniere, tra l’altro venne anche recensito su Flash, mensile hard’n heavy di allora a tiratura nazionale.

Ci parleresti di come ed in che maniera nacquero i brani?

Beh, ricordo che i due brani furono composti poco prima del mio ingresso nella band, se non altro a livello di bozze, poi come in tutti i gruppi, soltanto suonando e risuonando ancora, un brano prende realmente forma, e fu proprio ciò che successe con i brani in questione.


….e a proposito di concerti, qual’era l’impatto live della band in quel periodo, avevate adottato delle trovate sceniche particolari per il vostro pubblico live dell’epoca?
Riguardo ai live, sai, parliamo di un periodo in cui se riuscivi a fare 7/8 gig all’anno, potevi ritenerti fortunato, quindi ti lascio immaginare l’energia che veniva sprigionata in quelle occasioni…
Era una cosa comune a tutti i gruppi di allora, si sfogavano tutte le frustrazioni di chi suonava musica metal in cantina ogni volta che avevi l’occasione di salire su un palco! David ed io poi, eravamo degli scalmanati, ahahah!
Calcola comunque che stiamo parlando di ragazzi ventenni o poco più…Pensa che poi non era come adesso dove ci sono locali più o meno specializzati per la musica rock, allora o riuscivi ad imbucarti in qualche festival estivo, in qualche centro sociale, oppure dovevi affittarti teatrini di prosa, spesso dai preti, con tutto cio’ che implicava, lasciare la cauzione, pagare la Siae e sperare di vendere più biglietti possibili, per coprire almeno i costi e per fare ciò si suonava spesso insieme ovviamente ad altri gruppi proprio per dividere le spese e cercare comunque di creare “l’evento” (mamma mia che parolone!).
Era tutto veramente emozionante e coinvolgente, sia per i gruppi che per l’audience ed io posso dirlo, avendo fatto parte di entrambe le cose.

Fingernails, Schwartz, Stiff, Raff, Metal Force, solo per citarne alcune, com'era in quel periodo la scena heavy metal a Roma vista con gli occhi di un giovane musicista dell’epoca?

Ah, quanti ricordi!
Mi vengono subito in mente i concerti al Teatro Mongiovino dove calarono addirittura gli STEEL CROWN da Trieste e dove per un certo periodo quasi ogni sabato potevi assistere ad esibizioni di gruppi romani e non. A Roma poi c’erano una miriade di gruppi metal!
Era tutto un fermento! Prima di tutto c’erano i RAFF, e qui signori miei, giu’ il cappello! A mio parere, il gruppo metal più sottovalutato della penisola! Semplicemente micidiali! Poi gli Stiff che dal vivo avevano una professionalità rara per i gruppi metal del periodo e una produzione veramente all’altezza dei gruppi anglosassoni più blasonati.
I Thunder poi trasformatisi in Schwartz, altro grande gruppo, sottovalutati anche loro a mio parere, poi Tir, Overange, Metal Force, i Messershmitt, gli Aggressor, una delle prime Black Metal band della penisola, gruppo che fece molto parlare di se pur avendo avuto vita breve, gli Ambush del mio amico Marcello, gli Astaroth, che fecero un EP per la Rave on Records, etichetta olandese che pubblicò l’esordio discografico dei Mercyfulfate, i Fingernails del grande Maurizio “Angus” Bidoli, tutt’ora in piena attività, le Jailbait, forse la prima all female band della penisola, ricordo anche i validissimi Fire, i Miss Daisy, che fecero un disco per la GWR prodotti da Eddie fast Clarke e che andarono in tour con Motorhead e Blue Oyster Cult, i Wildee di Rudy Costa, l’Edward Van Halen romano…
Insomma, Roma era una fucina di gruppi e ce ne era per tutti i gusti dal glam al trash! Mi ricordo che nel giro di 200/300 metri c’erano le sale prova dei succittati Thunder, Raff, Miss Daisy, dei Rude, dei Line Out (che poi divennero i Dhamm e parteciparono pure ad un paio di festival di Sanremo raggiungendo anche il disco d’oro)…
Non credo ci fosse in Italia un altro posto con una simile situazione musicale in ambito metal. Senza pensare alle fanzine romane come Metal Militia o Metal Gods.
Erano tempi in cui se incontravi qualcuno con chiodo e capelli lunghi ti ci fermavi come minimo a parlare delle ultime uscite discografiche… molti dei miei attuali amici, li ho conosciuti cosìl!

Quindi mi pare di capire che fu proprio il successo inaspettato ottenuto da “Wall of Glass” ad aprirvi le porte per il sospirato salto di qualità, tanto che Biagio Pagano, il padre di Via Veneto Jazz, si interessò a voi, e proponendovi di registrare un master, che portò la band a concepire quel “Scream from Miskatonich Valley”, rimasto inspiegabilmente inedito fino a questo momento, ci parleresti di come andarono le cose?
Beh, parlare di successo mi sembra esagerato però come ti dicevo prima ci furono dei buoni riscontri. Ovviamente, una volta finite le registrazione del demo, come ogni band che si rispetti, iniziammo a proporlo a tutto ed a tutti.
Contattai personalmente Biagio Pagano il quale rimase favorevolmente impressionato dalla band e decise così di produrla.
Il tutto comunque, molto prima della Via Veneto Jazz o di Anonimo Italiano o Sergio Cammariere ecc.
A quel punto, Biagio ci propose di registrare un disco e chiese a noi di scegliere lo studio. Puoi immaginare la nostra reazione!
Erano anni in cui non capitava tutti i giorni che qualcuno potesse venire da te facendoti una simile proposta!
Ovviamente accettammo e scegliemmo di registrare al Pan Pot studio di Roma, dove avevamo già registrato il demo “Wall of Glass”e dove ci eravamo trovati veramente bene.
Sai in quel periodo non era facile che un fonico, in Italia, conoscesse la parola Heavy Metal, mentre al Pan Pot sapevano fare bene il proprio lavoro.

Anche in questo caso, quali sono i tuoi ricordi che affiorano se pensi a quei giorni e quelle ore passate nei famigerati Pan Pot studio? Pensavate realmente di avercela fatta, o vivevate la vita giorno dopo giorno come sempre?
No, anche se eravamo giovani non ci illudemmo minimamente! Certo, capivamo l’importanza dell’opportunità che ci era stata offerta ma eravamo anche consci della situazione, stavamo soltanto registrando quello che poi sarebbe potuto divenire un Lp e da qui’ ad avercela fatta, ne passa…
Al contempo eravamo ovviamente coinvolti in tutto e per tutto nella cosa, come si può ben immaginare.
Era la nostra prima volta, voglio dire, avevamo già registrato dei demo, ma un disco è tutto un altro discorso, un altro approccio, curammo i dettagli in maniera esasperata e nonostante ciò eravamo, visti con gli occhi di oggi, veramente “ingenui” ed inesperti, ma ci divertimmo un casino!
Arrangiavamo e ri-arrangiavamo in continuazione, in più non c’era nemmeno stata messa fretta per completare le registrazioni, per cui passammo veramente molto tempo in studio.
A pensarci oggi, forse la figura di un produttore in studio ci mancò, dal momento che il buon Biagio, almeno agli inizi, musicalmente ci diede carta bianca.

Senti Tony, scusami se ti posso sembrare inopportuno, ma quel master esiste ancora? Se si, chi detiene i diritti di “Scream..”? Se ci fosse un’etichetta interessata alla pubblicazione del vostro materiale, con chi dovrebbe avere a che fare?
Guarda, a quel che ricordo io, il master esiste ancora e dovrebbe essere da qualche parte. Il copyright dei pezzi è ovviamente nostro, mentre per le edizioni, un’eventuale etichetta interessata (???) alla pubblicazione del disco, non dovrebbe avere nessun problema…
Basta chiedere al sottoscritto, ma non credo che un etichetta di oggi, possa essere interessata ad un gruppo di 30 anni fa e più… per di più stiamo parlando di un lavoro che non ha mai avuto un missaggio definitivo, ma solo dei pronti ascolto, come quelli che si possono ascoltare sul profilo myspace dei Tanatos…

Quello che doveva segnare la grande svolta, in realtà si traduce come l’inizio della fine, ovvero dopo le sessioni di registrazione lo stesso Biagio Pagano capisce che, l’unico modo per promozionare al meglio la band, è quello di proporre i brani cantati in lingua madre, espediente che, naturalmente, viene rifiutato in toto da tutta la band, fu veramente questa la motivazione che mise la band con le spalle al muro di fronte ad una decisione difficile da prendere?
Si assolutamente …..
Sai, posso capire il ragionamento che fece Biagio (RIP) allora, ma a tutt’oggi continuo a non condividerlo.
Era come snaturare la nostra musica. E debbo comunque anche dire, ad onor del vero, che ci provammo pure, ma il risultato non fu minimamente di nostro gradimento. Io poi ero assolutamente contrario.
Non credo che la lingua italiana si sposi con le sonorità hard, sono pochi gli esempi riusciti in questo senso, la maggior parte delle cose che ho ascoltato mi sono sempre sembrate forzate…Strana Officina a parte, of course!

Dopo un periodo di riflessione, la band comincia a sfaldarsi pezzo dopo pezzo, fino allo scioglimento avvenuto nel 1993, e…..
Beh, in realtà, l’unico che lasciò la band fui io, che decisi di andare a vivere a Londra, seguito poco dopo da David, il cantante.

Capisco, anche perché finita l’esperienza con i Tanatos, decidi di trasferirti in Inghilterra in cerca di nuove occasioni, e fra un’audizione e l’altra, entri a far parte saltuariamente e per un breve periodo dei prime movers Chariot di mr. Pete Franklin, ce ne parleresti?
C’erano degli amici romani che già si erano trasferiti e così provai anche io a giocare quella carta. Per quanto riguarda i Chariot, ad essere sinceri non posso dire di esserne entrato a far parte, ho fatto con loro una prova o due, se ricordo bene.
Comunque l’esperienza londinese mi è stata molto utile, in un certo senso ha contribuito a sprovincializzarmi e mi ha fatto capire che suonare rock e vivere rock a volte non sono poi la stessa cosa, conta molto più quello che hai da dire veramente piuttosto che sparare riff pompatissimi e assoli ultraveloci.

Conclusa anche l’esperienza d’oltremanica torni nella capitale, e ti dedichi prevalentemente a due cover band, ovvero i “Restless Heart” band tributo ai Whitesnake del tuo idolo John Sykes, e gli Ac Hd doveroso omaggio agli Ac Dc, scusami se sono cattivo, da normale fruitore ho sempre pensato che le cover band sono come il traguardo ultimo della creatività di un artista che si adagia a ripetere le architetture musicali edificate da altri musicisti, inoltre un vecchio detto Zen dice che “i sentieri già battuti non portano mai a niente”, qual’è il tuo pensiero?
Dunque, tornato a Roma inizio a collaborare, su invito di Biagio Pagano, con gli Anima Nuda, una band di rock italiano, dove tra l’altro militavano anche ex membri degli Schwartz.
Fu una bella esperienza che ci portò anche alla pubblicazione di un video ed alla partecipazione alle selezioni di Sanremo Giovani.
In seguito riprendo i contatti con Marco Mazzini e Fabio Splendori, rispettivamente basso e batteria dei Tanatos ed iniziamo a suonare in trio.
Dopo anni ed anni di prove senza neanche una serata live, ci rendemmo conto che per suonare dal vivo hard rock, almeno qui a Roma, o fai cover o nisba o quasi…
Nascono così insieme a Marcello “Lardocchio” Orlandini i Lonely Days, tributo ai vecchi Whitesnake… poi da cosa nasce cosa, ed entro a far parte nel 2006 dei Restless Heart, tributo italiano ai Whitesnake, dove ho trovato vecchi e nuovi amici come Marco Palazzi, anch’egli ex chitarra dei Tanatos ( se è piccolo il mondo, figurati Roma!) e dove ho avuto l’opportunità di suonare anche se soltanto per una data con il grande Neil Murray (ex Whitesnake, Gary Moore e Black Sabbath, tra gli altri), oltre a quella di poter suonare al “Raise Your Hands” Festival in Olanda.
Senza contare che un paio di anni fa, grazie alla moda dei tributi che ultimamente sembra vada forte anche nel Regno Unito, ho avuto anche l’opportunità di fare qualche data da quelle parti con un tributo Kiss italo-britannico, impersonando Space Ace, cosa che mi ha fatto divertire un casino! Guarda, se per un verso il tuo discorso sulle tribute band, non fa una piega, c’è però da dire che, almeno per quel che mi riguarda, mi diverte tanto suonare i pezzi che adoro sin da quando sono bambino e poi non ho mai pensato a me stesso come un artista, per carità!
Non ho mai composto più di tanto e mi diverto quando attacco il jack alla chitarra ed al Marshall, tutto qui, senza alcuna pretesa e proprio per questo, con alcuni amici sto iniziando un tributo ai Saxon ed uno ai Led Zeppelin con alcuni membri dei Restless Heart.
Vero anche, che sempre insieme a David Ciccotta, ex voce dei Tanatos, stiamo dando vita ad un progetto di musica originale (alcuni dei pezzi si possono ascoltare sul mio profilo myspace), ma il tutto sempre con alla base tanto divertimento, visto che per campare facciamo tutt’altro!

Si, certo che si sente che ci metti l’anima quando suoni, a proposito, ma quando ti trovi su un palco, ti piace più fare sfoggio di tecnica strumentale, o pensi che il feeling trasmesso venga sempre e comunque prima di ogni cosa?
Pur volendo non potrei fare sfoggio di tecnica strumentale, non sono mai stato un virtuoso dello strumento, non è nella mia natura, ho sempre costruito un solo ascoltando il pezzo e non ho mai composto un brano intorno ad un assolo.
Preferisco ascoltare Ace Frehley o Pete Townshend piuttosto che Malmsteen e compagnia bella!
Ho sempre pensato al brano in se stesso alle emozioni che può trasmettere, piuttosto che a stupire l’audience con una cascata di note, anche perché non ne sono capace ahaha!

Toglimi una curiosità, che cos’è la “Sfarzo” di cui sei stato endorser?

Si tratta di una fabbrica californiana della Bay Area di corde per chitarra, gente veramente in gamba, che ho avuto modo di conoscere durante un mio viaggio in California in occasione di una Guitar Clinic dimostrativa.
Tra gli altri vanta come endorser chitarristi notevoli come Terry Laudardale o Kiyoshi Morgan dei Vicious Rumours, Mary Cary, Dario Lorina ed artisti come Ron Keel. Fare parte di questo parco chitarristi mi fa immensamente piacere e mi riempie di orgoglio, anche se ancora non riesco a capire come ciò sia potuto accadere!

Che consigli potresti dare ad un giovane musicista che muove i suoi primi passi all’interno del fantomatico music biz odierno?
Guarda sinceramente non credo di essere nella posizione di dare consigli a chicchessia, non credo tra l’altro che esista un vero e proprio music biz al giorno d’oggi, come quello degli anni ‘80, dal momento che la maggior parte delle band, anche quelle storiche, vedi Anvil, sono costrette a lavorare tutti i giorni o ad intensificare allo stremo l’attività live per racimolare qualche dollaro in più, dal momento che oramai si vendono pochissimi dischi grazie ad internet…sigh!
L’unica cosa utile per un giovane musicista credo sia quella di confrontarsi con gli altri e di non fossilizzarsi a casa con i metodi o su youtube per vedere come tizio fa quell’assolo o come Caio suona quel passaggio. L’importante è quello che si ha da dire, poi il modo per dirlo lo si trova!

Ascolti ancora qualche classico hard n’heavy dell’epoca, oppure ti sei rincoglionito come molti dei tuoi colleghi dell’epoca che ascoltano solo jazz e musica classica?
Ahah! Si può dire che ascolto soprattutto i classici Hard’n’Heavy dell’epoca e sono talmente integralista che sinceramente non conosco tutto quello che è stato pubblicato dopo il 1987, anche perché non credo l’hard abbia avuto più nulla da dire dopo l’omonimo album dei Whitesnake…(Blue Murder e Sykes a parte, of course)…
Grunge, no grazie! Certo poi non ne farei una questione di generi se un pezzo mi piace, non mi metto ad analizzare a quale genere musicale possa appartenere. Mi piacciono molto comunque anche il R’n’B, il Funky e Jeff Beck.

Chi è il Tony Arcuri di tutti i giorni? Cosa fai per vivere? Abiti ancora dalla parti di Roma?

Abito a Roma, sono felicemente sposato, faccio l’impiegato e mi diverto a suonare con gli amici di un tempo, sia cover che musica originale, il tutto ripeto, per puro divertimento.

Ok, siamo veramente alla fine, ti lascio carta bianca, concludi l’intervista nella maniera che più ti aggrada…..
ROCK ON!


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