Deva Silence - Black Star

 


Mai giudicare un libro dalla copertina, men che meno un disco, altrimenti si commetterebbe un grave errore, ovvero quello di sottovalutare il suo contenuto. Potrebbe essere questo il leitmotiv che sta alla base del disco di debutto di Deva Silence, artista poliedrico qui alle prese con il suo primo lavoro solista contornato da un lavoro d'artwork piuttosto particolare ma che, se esaminato nella sua essenzialità, ci racconta molto di "Moon, Misery and a country church", un lavoro che affonda le proprie radici formative/musicali attorno ad una sapiente commistione di generi che ruotano attorno ad una spinta creativa che recupera appieno quei suoni oscuri legati ad un passato remoto, che poi così passato non è, andando a cingere in un unico abbraccio simbiotico la NWOBHM di maestri come Witchfinder General ed Angel Witch, e l'heavy dark sound made in Italy di formazioni storiche come i Death SS prima maniera, Paul Chain's Violet Theater e i The Black del maestro Mario Di Donato.
Nelle parole del nostro interlocutore la genesi di questo primo vagito musicale
Intervista raccolta da: Beppe "HM" Diana

Ciao Francesco e benvenuto sulle nostre pagine, partiamo con la prima domanda che è naturalmente la più scontata, ovvero i Deva Silence sono il tuo personale progetto musicale oppure una band con una propria identità artistica ben delineata? No, te lo chiedo perchè come dicevo nella mia recensione, i musicisti chiamati in sulle note di Moon, Misery and a country church sembrano tutto tranne che dei semplici sparring partner, dico bene?
Deva Silence nasce come mio progetto personale, ma non è mai stato pensato come un “one man show”. Ho voluto dare respiro a ogni musicista coinvolto, perché l’album prende forza proprio dall’alchimia che si è creata. Massimiliano Martellotta e Alex Nespoli hanno dato un contributo sostanziale: la loro presenza non è di semplice supporto, ma parte integrante dell’identità sonora.

Una band nata in un periodo non proprio idilliaco per il genere umano, ovvero quello legato al covid che ha isolato ed alienato molti di noi, tu hai invece pensato bene di trasformare questo periodo negativo in qualcosa di artisticamente valido?
Esatto. Durante il periodo del Covid ho avuto l’occasione di fermarmi e canalizzare quel senso di isolamento in musica. Invece di subirlo, l’ho trasformato in un atto creativo. Da lì è nato il seme di Deva Silence inteso come progetto solista, che ha rappresentato anche un cambiamento profondo nella mia vita personale e artistica.

Stilisticamente parlando, com’è nato il vostro approccio musicale legato ad un suono dannatamente cupo ed istintivo, rispetto a quello che attualmente la scena classic metal propone con maggior frequenza? Solo “colpa” del tuo/vostro background musicale, oppure la precisa volontà, unita al desiderio, di provare qualcosa di realmente vicino ad una corrente dark prog di fondo?
C’è sicuramente il peso del background – doom anni ’70, NWOBHM, e il prog italiano – ma non è solo questione di ascolti. Ho cercato di suonare ciò che sentivo più autentico, senza calcolare troppo cosa andava nella scena. La scelta di un suono cupo è stata spontanea, quasi inevitabile, perché era lo specchio del periodo e delle sensazioni.

Un disco che guarda intensamente alla scena della vecchia Albione, ma anche a quella nostrana legata al famigerato triumvirato Paul Chain/Steve Sylvester/Mario Di Donato…
È vero, ci sono echi forti di quelle atmosfere. Ho grande rispetto per quella tradizione, inglese e italiana. Non mi interessava fare una citazione sterile, ma piuttosto riprendere quell’attitudine sincera che trasmette ancora oggi tanta potenza.

Accostamenti che vengono rafforzati da tematiche liriche ed iconografiche che legano la band ad ambientazioni gotiche e decadenti fra rimandi legati ad una tradizione cristiana e luoghi sacri come i cimiteri...
Ho sempre avuto un legame forte con queste immagini. Non si tratta di un’estetica vuota, ma di simboli che raccontano il rapporto tra vita, morte, fede e disillusione. Sono parte del mio immaginario personale, e inevitabilmente emergono nei testi e nell’iconografia.

Che cosa pensi di aver portato del tuo bagaglio personale all'interno della nuova creatura musicale? Che cos'è che è riuscito veramente a fare la differenza fra il tuo nuovo lavoro e le precedenti release ufficiali che ti hanno visto coinvolto in prima linea?
Credo che il cambiamento vissuto nella mia vita, dopo essermi trasferito e aver dato vita al progetto, sia stato decisivo: ciò ha contribuito a "forgiarmi" come Deva, vale a dire una persona sicura di sé e più matura rispetto a ciò che ero, Francesco. Ho maturato anche un approccio diverso al songwriting: meno ansia di performance e più desiderio di autenticità. Sono rimasto legato al sud Italia in termini di storie e credenze popolari e da lì ho tratto anche la forza per costruire qualcosa di nuovo.

Ok, capisco, adesso a mente fredda, secondo te il nuovo arrivato rappresenta fedelmente quelli che sono i Deva Silence attuali, oppure in futuro dovremmo aspettarci dei cambiamenti stilistici sostanziali con un ipotetico prossimo lavoro?
Questo disco è un manifesto di ciò che siamo oggi, ma non un vincolo. Non escludo di cambiare direzione, esplorare nuove sonorità, pur mantenendo quell’impronta oscura e pesante che caratterizza il darksound italiano.

Quali sono le difficoltà oggettive a cui avete fatto fronte nel momento immediato alla realizzazione di un disco oggettivamente ambizioso come il vostro?
Le difficoltà principali sono state tecniche e logistiche: budget ridotto, tempi stretti, che hanno richiesto un grande lavoro di adattamento. Ma a volte i limiti diventano spinta creativa.

Com'è nato il deal che vi lega alla The Triad Records? Cosa puoi dirci di questa piccola realtà tricolore?
E' un'etichetta a dir poco fantastica e disponibile! Ho mandato i brani e loro hanno creduto subito nel mio progetto. The Triad Rec è una realtà piccola, ma appassionata e attenta: ci hanno dato la libertà di esprimerci come volevamo.

Cosa vuol dire per te nel 2025 portare avanti un discorso musicale, che si muove ormai in un ambito sempre più ristretto di sostenitori e che, spesso, sembra essere snobbato perfino da certa cosiddetta “stampa specializzata”?
Vuol dire resistenza. Non suono per inseguire tendenze, ma perché questa musica è parte di me. Anche se il pubblico è ristretto, resta un pubblico sincero, e questo ha più valore di numeri gonfiati.

Parlando a livello concreto, quali sono le aspettative che avete posto sull'uscita del vostro disco? Pensi che la professionalità che avete messo nel presentare in maniera professionale il nuovo trittico di brani, possa servire in qualche modo a farvi emergere dalla calca che si è formata all'interno della scena musicale tricolore?
Le aspettative sono misurate: arrivare a chi è davvero interessato. La cura che ho messo nella presentazione è parte della mia serietà: non so se basterà a emergere, ma almeno ne testimonia l'autenticità.

Che idea ti sei fatto della crisi mondiale che ha colpito non solamente il mercato discografico? Pensate sia una cosa preparata a tavolino in modo da soggiogare ed indebolire i meno abbienti?
..e quale il tuo pensiero principale sull'avvento in campo musicale dell'intelligenza artificiale? Credi possa portare dei benefici oppure ridurre quasi a zero la creatività degli artisti?

La crisi è complessa, non credo a complotti globali preordinati, ma di certo chi ha meno strumenti ne paga le conseguenze. Quanto all’intelligenza artificiale, penso che possa essere un supporto tecnico, ma mai sostituire l’anima di un musicista. La creatività nasce da imperfezioni, errori, vissuto personale: elementi che un algoritmo non può replicare.

Prima della conclusione mi Marzullizzo e ti chiedo “Signor Francesco Bello, si faccia una domanda, ma soprattutto si dia una risposta”...
Domanda: cosa cerchi davvero nella musica?
Credo che il Signor Francesco Bello come già accennato possa dire poco o niente a riguardo, ti risponde Deva: cerco verità. Non perfezione, non consenso. Solo un luogo in cui essere sincero con me stesso.

Ok ragazzo, siamo giunti alla fine, ti lascio campo libero per le tue considerazioni finali...
Ti ringrazio per lo spazio che mi hai concesso e ringrazio soprattutto chi ascolta con cuore aperto. La musica vive solo se c’è qualcuno pronto ad accoglierla, non a criticarla. Il viaggio di Deva Silence continua, e spero possa essere condiviso con chi sente le stesse vibrazioni,  STAY HARD'N'LOUD!

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