Sono la band più rinomata del bacino sud americano, hanno ottenuto riconoscimenti in campo prettamente heavy rock, ma non solo, riscutendo un successo di pubblico che travalica i generi musicali ed i confini strettamente nazionali, vendendo centinaia, migliaia di dischi. Ma non sempre le vicissitudini che si legano al loro trascorso artistico sono state rosee, la band ha dovuto superare grandi difficoltà, soprattutto per quel che concerne una line up non sempre stabile, e questo sin dai suoi esordi coincisi con un grande rifiuto....
Speciale a Cura di Beppe Diana
«I Rata Blanca hanno fatto di tutto. Hanno superato molti pregiudizi e registrato ottimi album. Molte persone hanno vissuto una vita agiata grazie ai Rata Blanca, guadagnando anche molti soldi. Hanno reso l'heavy metal, magari in maniera inconsapevole, un genere mainstream, facendogli raggiungere posizioni in classifica fino a quel momento inaspettate.
Ci hanno detto che abbiamo gettato via le maschere dei primi giorni e ci siamo “ingrassati” perchè abbiamo raggiunto il successo con le ballads.
Ma io sono uno del popolo, vengo dalla città e sono qui per suonare alla gente".
Walter Giardino
Gli Inizi...
La prima reincarnazione dei Rata Blanca ha luogo nell'hinterland della capitale albiceleste, più precisamente a Bajo Flores, per mano del chitarrista Walter Giardino che, nei primi mesi del 1985, proprio qualche mese dopo la sua dipartita dalle fila dei V8, qualcuno dice addirittura che gli sia stato dato il benservito perchè lo stile delle sue composizioni non collimava con le propensioni musicali del resto della band, chiama a se, dicevamo, il batterista Gusavo Rowek proveniente anche lui dalla line up di quella band.
L'idea principale dei due era quella di registrare, in modo indipendente e professionale, una demo che potesse in qualche modo fungere da ipotetico biglietto da visita per il mercato inglese, vista la loro intenzione di emigrare nel regno unito.
Così, per portare a compimento la prima parte del loro progetto, grazie all'aiuto di amici in comune, alla coppia si affiancano il bassista Yulie Ruth degli Alakrán, formazione hard rock all'epoca molto rinomata in Argentina, ed il cantante Rodolfo Cava, figura rimasta per molto tempo enigmatica, i quali si rinchiudono per due settimane negli “Estudios” di Buenos Aires, per registrare alcune tracce come "Chico Callejero", "Gente del Sur", "Rompe el Hechizo" e "La Bruja Blanca", tre delle quali appariranno successivamente nel primo album ufficiale della band.
Il risultato finale fu così sorprendente tanto da convincere i due musicisti a tentare nuovamente la scalata del successo in madre patria, ponendo in stand-by, la conquista del vecchio continente.
Visti gli impegni dello stesso Yulie Ruth con gli Alakran, la band arriva immediatamente ad un degno sostituito nella persona di Guillermo Sánchez, da tempo amico dei nostri, mentre per dare più spessore al suono del combo, viene addirittura inserito un chitarrista ritmico nella persona di Sergio Berdichevsky.
Formazione questa, che ha poco tempo per poter rodare il proprio affiatamento, anche perchè solo dopo poche settimane il cantante Rodolfo Cava lascia il progetto a causa delle sue ambizioni personali, motivo questo, che spinge i Rata Blanca a guardarsi attorno nella ricerca di una nuova voce.
Ruolo quello dietro il microfono, che verrà affidato al vecchio leone Saúl Blanch, proveniente dalle fila dei Plus, formazione hard rock con due dischi all'attivo nei primi anni settanta, grazie alla spinta del quale, lo stile della band si adagierà su coordinate stilistiche molto più melodiche, ma pur sempre sofisticate, che da ora in poi rappresenteranno il trade mark principale della formazione argentina, nelle quali l'amore sconfinato per i classici del genere, Deep Purple, Rainbow e Whitesnake, si fonde a perfezione con reminiscenze didattiche che porta in dote coordinate vicine ai maestri della classica come Mozart, Vivaldi e Beethoven.
Ci vorranno però alcuni mesi per vedere la band alla prima ufficiale, un debutto di fuoco avvenuto il 15 agosto del 1987 nel teatro "Luz y Fuerza" di Buenos Aires davanti a 600 persone in estasi, successo doppiato solamente un mese più tardi al Teatro Lasalle.
Ed è proprio in quest'occasione che alla band gli si paventa la chance di siglare un contratto con la sezione latino-americana della Vertigo Records.
Rata Blanca (1988).
Un debutto giocato sulla lunga distanza che si porta dietro degli strascichi non di poco conto, visto che il cantante Saul Blanch aveva da poco abbandonato la band nel pieno delle sue attività artistiche, il ruolo di “secondo piano” nei meccanismi del gruppo non gli consentiva letteralmente di portare acqua al suo mulino, sostituto prima dallo screamer Carlos Peligro degli Horcas, e poi dal singer Shito Molina il quale però, proprio qualche settimana prima dell'entrata in studio, deve far fronte a svariati problemi personali, si parla di polipi alle corde vocali, e cede il posto nuovamente allo stesso Blanch, il quale, oltre a conoscere bene il repertorio, riesce ad infondere quella tranquillità al resto della ciurma, che riesce a portare a termine, in tempo, le sessioni di registrazione del disco nell'agosto del 1988.
Due settimane spese sempre negli “Estudios” di Buenos Aires, sotto la supervisione del rinomato produttore Roberto Ricci, portano alla luce brani dal piglio melodico come la suadente “Solo para amarte”, che si adombra di cangianti ramificazioni rosso porpora, la più melodica “Gente del sur”, o la prorompente “Rompe el echizo” che pigia il piede sull'acceleratore, mentre “Preludio osesivo”, che chiude alla grande il disco, è un classico esercizio di manierismo strumentale di valenza neoclassica.
Per fortuna le vendite superano anche le più rosee aspettative, addirittura 20.000 copie nei primi sette mesi, fanno di “Rata Blanca” un disco d'oro, ma non solo, poiché la diffusione radiofonica del brano "El sueño de la gitana", grazie all'interpretazione accorata dell'attempato singer, riescono a catturare anche le attenzioni di un'audience poco avvezza a sonorità hard rock.
Il tour di supporto al disco ha inizio il 17 dicembre del 1988 e termina il 16 gennaio del 1989, durante la prima parte degli appena undici concerti della band, sarà ricordato come il tour più corto di sempre fatto registrare dei nostri, il già citato Saúl Blanch lascerà nuovamente la band, ancora una volta per dissidi interni.
Mark II
Sapendo che il gruppo era alla ricerca disperata di un nuovo cantante, Marcelo Michell, amico di lunga data dello stesso Giardino, gli presenta un suo conoscente, l'allora giovane e sconosciuto Adrián Barilari che, all'epoca, militava nelle fila dei "Días de Gloria".
Come ebbe occasione di ammettere molti anni più tardi, lo stesso singer non era pienamente convinto di lasciare la sua band per entrare nei Rata Blanca, sia perché lo legava una profonda amicizia con il resto dei musicisti, sia perchè il carattere da despota dello stesso Giardino, poco si collimava con il suo animo mite.
Furono i suoi stessi colleghi dei Dias Gloria che lo incoraggiarono a tentare la fortuna, visto che i Rata Blanca avevano già pubblicato un album che aveva ottenuto un certo riscontro commerciale.
Per fortuna alcune date attraverso il sud del paese, consunte a presentazioni “esemplari”, furono sufficienti ad Adrián Barilari a conquistare il cuore dei fan, nonché a farlo diventare la nuova attrazione del rock nazionale.
Magos, espadas y rosas (1990)
Le registrazioni del secondo disco della band iniziano nei primi giorni dell'ottobre del 1989, e si protrarranno fino al febbraio dell'anno successivo, per dare luogo ad un lavoro quasi perfetto nella sostanza, bilanciato nella sua forma/canzone, emblematico nell'alternare alcune possibili hit, il cui successo commerciale, naturalmente, travalica ancora una volta i confini esistenti fra generi musicali, e questo grazie soprattutto a brani dal forte piglio melodico come il capolavoro “Mujer amante”, una sognante ballad costruita sui tasti d'avorio del maestro Bistolfi, dotato di un crescendo da brividi, e di un'interpretazione da pelle d'oca del fatato singer, o della stessa “La leyenda del hada y el mago” pregna di locuzioni neoclassiche e richiami ad una certa tradizione folk.
Ne scaturisce ancora una volta una raccolta di composizioni, sette inedite nella versone originale in vinile, nove in quella in cd con le versioni ri-arrangiate di “Preludio Obessivo” e “Otono medieval” dal debutto, grazie al quale la band approfondisce con maggior acume alcune tematiche legate a doppia mandata ad un versante epico/suggestivo di fondo, solamente sfiorate con il disco omonimo di qualche mese prima, che riprendono in chiave mistica alcuni fatti storici realmente accaduti, i quali danno vita ad episodi come la guizzante “Haz tu jugada”, caratterizzata da vorticosi solos con le due chitarre e la tastiera che si scambiano convenevoli a vicenda, la magniloquente “El camino del sol” memore delle lezione impartite dai maestri Rainbow degli esordi, tanto che la intro di tastiera sfiora quasi il plagio della celebre “Tarot Woman”, o la successiva “Dias duros” le cui atmosfere prettamente classic rock, ne fanno uno degli apici inarrivabili dell'intero lavoro.
Il giusto riconoscimento....
Il successo nazionale non tarda ad arrivare, disco d'oro dopo appena tre mesi, e doppio disco d'oro a fine anno, numeri che lanciano la band nell'establishment della scena sud americana, con riconoscimenti che arrivano da ogni parte, anche da ambienti non prettamente metal, con il successivo tour “El camino del sol”, che ha inizio con la data dello Estadios de Obras davanti a sette mila partecipanti, e che, alla fine, conta ben centoventi date sparse in tutto il paese, tanto che a dicembre del del 1990, la stampa specializzata li indica come un nuovo fenomeno della scena Rock, e molte riviste dedicano loro la copertina principale.
Un successo travolgente per i Rata Blanca che conquistano il primo posto come band dell'anno nella classifica finale del Rolling Stones sud americano, Walter Giardino il titolo di miglior chitarrista, “Magos Espadas y Rosas” quella di miglior album, e se Gustavo Rowek è designato solo come secondo miglior batterista, brani come "La leyenda del hada y el mago” e "Mujer amante" si classificano rispettivamente come prima e terza miglior canzone.
Guerrero del Arco Iris (1991)
“Bisogna battere il ferro finchè è caldo”, un adagio che anche in Argentina deve avere una certa valenza, anche perchè il grande impatto e l'ottima accoglienza ricevuta da “Magos, espadas y rosas” aveva creato un'enorme aspettativa prima della pubblicazione ufficiale del terzo sigillo in studio della band, addirittura prima della sua effettiva messa in vendita, “El guerrero del arco Iris”, era già disco d'oro grazie alle sole copie prenotate, diventando disco di platino in meno di un anno.
Per fortuna tanta attesa viene ampiamente ripagata grazie ad un lavoro ancora una volta stupefacente, caratterizzato da una qualità intrinseca del versante compositivo che, a volte, rasenta addirittura la perfezione.
Gran parte del merito va ascritto sia alla coesione/intesa raggiunta dai cinque musicisti coinvolti, tanto quanto alla produzione speculare dello stesso Giardino che, da qui in avanti, prenderà le redini del gioco anche dietro la consolle, che spinge le nove tracce dell'album a toccare vertici, prima nemmeno immaginabili.
Questo è anche l'ultimo album pensato e pubblicato in versione vinilica, splendida la confezione gatefold che si apre con un ritratto disegnato della stessa band ripresa in chiave cavalleresca, che riflette perfettamente il valore intrinseco e la caratura internazionale di un ensamble al quale cominciano a stare stretti i patrii confini. Brani come l'incalzante opening track “Hombre del hielo”, la veloce e guizzante “La Boca Del Lobo” che si abbevera alla fonte dell'eterna dell'arcobaleno per antonomasia, la delicata e sognante “Noche sin sueños”, o gli svolazzi neoclassici di “Los Ojos Del Dragon”, rappresentano i vertici incontrastati, la scalata verso quel successo tanto agognato che non tarda ad arrivare.
I piccoli club, i palchi di periferia che avevano assistito all'ascesa mitologica del combo, lasciano il posto alle arene, agli stadi gremiti di fan sempre più scatenati, ed il successivo tour, con la data di presentazione allo stadio “José Amalfitani”, nella quale sono presenti ben 30.000 persone, tocca per la prima volta il vecchio continente, con concerti in Germania, Portogallo e naturalmente Spagna.
El Libro Oculto (1993)
Ed è proprio durante le date del mini tour europeo, in quel di Ibiza, che la band ha la grande occasione di registrare alcuni brani inediti, composti prevalentemente durante i momenti di relax delle varie tappe, che portano alla luce quello che possiamo considerare come un vero e proprio ep che, quasi a sorpresa, riporta il suono dei nostri verso territori metallici inaspettati, e questo grazie ad una valenza heavy davvero preponderante. Naturalmente il quintetto fu a lungo criticato per questa scelta che molti definirono “azzardata”, e ad ascoltare episodi come la tellurica “Cuarto Poder” con le sue reminiscenze power metal, le cadenze magmatiche di “Basura”, o le atmosfere di “Agord la bruja”, si ha quasi l'impressione di avere a che fare con un'altra band.
Sterzata stilistica a parte, le registrazioni del mini si portano dietro strascichi non di poco conto, lo stress di due anni di tour, congiunti a non specificati problemi personali e familiari, conducono il singer Adrian Barilari ad abbandonare la band, seguito a breve giro dal tastierista Hugo Bistolfi. A sorpresa, solo qualche mese più tardi, i due si ritroveranno coinvolti nel progetto “Alianza”, vicini a sonorità melodic rock, distanti anni luce da quanto proposto con la band madre.
Entre el cielo y el inferno (1994)
Dopo vari tentativi ed audizioni, il ruolo vacante dietro al microfono viene finalmente occupato niente meno che dall'illustre Mario Ian, componente degli storici Hellion, appena uscito dall'esperienza con i più melodici, ma rinomati, Alakrán, il quale si cala alla perfezione nella parte assegnatagli, arrivando a fornire, non solo un'ottima performance on stage, ma anche a livello puramente compositivo, grazie alle liriche di alcuni brani, mentre il posto di tastierista viene offerto, sotto consiglio delle stesso Bistolfi, al giovane Javier Retamozo.
Ci vorranno alcuni mesi per rivedere la band impegnata nelle registrazioni di un nuovo album, ancora una volta in Spagna, negli studios “La Nave” di Madrid.
Un mese, dal giungo al luglio del 1994, per dare alito ad uno dei lavori più controversi della loro discografia, album che riflette il periodo oscuro attraversato oltre che della stessa formazione sud americana, anche dal music biz dei primi anni novanta, alle prese con un hard rock di derivazione alternativa, con le tastiere poste in un ruolo quasi marginale
Nonostante i buoni presupposti iniziali, brani come l'incipit heavy rock di “En el bajo flores”, della più epica “Jeusalem”, o del mordente power metal di “Obsession”, hanno ben poco di quel carisma e della classe che aveva caratterizzato in qualche modo i primi anni della band, e non bastano le trame delicate di “Sin tu amor nada existe”, o della sentita “Patria”, che altro non è che una versione ri-arrangiata di un classico del folk argentino dal titolo “Aurora”, ne tanto meno la cover di "Banda viajera", ovvero "Travelin' Band" dei Creedence Clearwater Revival, a far risollevare le sorti di un album che, venderà poco o niente.
Contrariamente a quanto si possa pensare, il successo internazionale accarezzato dai nostri, non si affievolisce, anzi, è proprio nel 1995 che la band andrà in tour per ben due volte in Messico, e Spagna, arrivando a rappresentare l'Argentina al Rock in Rio dello stesso anno, accanto mostri sacri come Megadeth, Maiden e Therapy, suonando al cospetto di 100.000 persone.
Nuovo cambio....
Ma incredibilmente, mentre tutto questo stava accadendo, per i media locali i Rata Blanca avevano cessato di esistere, nessun giornale, rivista o radio specializzata in rock si occupava più di quella band che era riuscita a travalicare i patrii confini, e stava trionfando all'estero.
Così, per cercare di placare gli animi, e guadagnare tempo, il management propone alla band di pubblicare un album dal vivo, il controverso “En vivo en Buenos Aires”, registrato al “Teatro Ópera”, che presenta nella track list finale, alcune registrazioni effettuate durante le prime tre date effettuate nella capitale del "Gira Guerrera tour”, siamo nel periodo 1992-93, con una line-up accompagnata sul palco dalla “Orquesta de cámara Solistas Bach”.
Nonostante la presenza sul palco della vecchia formazione, l'album purtroppo gode di una produzione non all'altezza delle aspettative, non solo l'acustica è carente, ma anche la prestazione del buon Barilari risulta a volte quasi latente.
VII (1997)
Come facile prevedere, l'escamotage del live non porta niente di buono, le vendite rimangono piuttosto basse per gli standard a cui i nostri ci avevano abituati, mentre il vocalist Mario Ian, demotivato, abbandona la nave sempre più in balia delle onde, per dare vita ai controversi Devenir.
Nonostante il gruppo stia attraversando il momento più buio della sua esistenza, alle audizioni per la ricerca del nuovo cantante, si presentano addirittura in venti, ma a sorpresa, Walter Giardino sceglie lo “sconosciuto” Gabriel Marián, in precedenza con i melodic rockers Montanna prima, e gli Escocia poi, il quale era addirittura in trattativa con la Emi Argentina per la pubblicazione del suo primo disco solista.
L'entrata in formazione del giovane vocalist, ha appena ventidue anni, non solo apporta nuova linfa vitale ad una compagine che oramai profumava di stantio, ma fornisce le giuste motivazioni per un ulteriore “cambiamento”.
Infatti come ben evidenziato dal titolo omonimo, “Rata Blanca”, il disco, è un lavoro di rinascita, anche se parziale, nel quale comunque, i nostri riescono a rimettersi in carreggiata e, a livello puramente compositivo, a portare alla luce un disco che, nonostante venga nuovamente snobbato dai media e dai fan, è focalizzato, attorno ad un acume stilistico che riporta il suono all'hard rock degli esordi.
Le registrazioni vengono effettuate nuovamente nella natia terra d'origine della band, altro punto fondamentale per la rinascita, mentre è lo stesso Giardino ha riprendere completamente in mano l'assetto compositivo del disco, l'altra chiave di lettura, per dare forma, ma soprattutto sostanza, ad un lavoro multiforme, dalle molteplici sfaccettature, contornato da brani esplosivi come “Rey de la rivolucion” ebra di locuzioni classiche, “La historia de un muchacho”, puro rock'n'roll con cori ad effetto che sembrano uscire da un disco dei sixties, la tenace “Heroes”, hard rock filtrato da reminiscenze moderne, la controversa “Anarquia”, e la delicata “Vejo amigo”.
Lo split.....
L'intenzione di recuperare il terreno perduto è però avvilente. Purtroppo per la BMG gli ultimi giri a vuoto fatti registrare dal gruppo sono deleteri, ed è proprio il nuovo arrivato a soffrirne. La pubblicità è poca e scarsa, le radio oramai sono refrattarie alla proposta musicale dei nostri, e la decisione di lasciare da del batterista Gustavo Rowek, intenzionato ad intraprendere una carriera solista, è la classica goccia che fa traboccare il vaso.
La band per decisione dello stesso Giardino, si scioglie, o meglio, viene messa in ibernazione.
Walter Giardino Temple (1999)
Frustrato dalla condizione della sua creatura, il chitarrista è sempre più deciso a continuare imperterrito lungo il suo cammino di rinascita artistica e, per scrollarsi di dosso il periodo nero attraversato, mette in piedi una nuova line-up, chiamando attorno a se alcuni musicisti di una band promettente, ovvero i Quemar, i quali fino a questo momento non hanno pubblicato niente di ufficiale e, proprio come aveva fatto il maestro Blackmore nei primi anni settanta, manda via il chitarrista, tenendo con se il resto della ciurma, con i quali si rinchiude proprio in quegli studi “Panda” di Buenos Aires, gli stessi dei primi dischi dei Rata Blanca, per cercare di riportare in alto non tanto le sue quotazioni, quanto quelle di una scena musicale che sembrava oramai aver detto tutto, o quasi.
Sarà stato l'ambiente amichevole e confortevole degli studios, o l'apporto dei nuovi arrivati, tant'è che il disco di esordio dei “Temple”, questo il nome della nuova creatura artistica, resuscita il vecchio splendore ed il tocco fatato del mago della sei corde che, a tratti, sembra quasi tornare a rivivere i momenti migliori, e questo grazie anche alle reminiscenze old style dei dieci brani dell'album, fra i quali svettano la rivisitazione di "Héroe de la Eternidad" degli stessi Rata Blanca, le atmosfere rarefatte dello strumentale “La danza del fuoego”, le scansioni ritmiche di “Sobre la raya”, o ancora le cadenze sinistre di “Astrologa”.
La prova d'insieme è coinvolgente, soprattutto l'apporto del singer Norberto Rodríguez, il cui timbro a la Robert Plant, David Coverdale, ricorda molto da vicino quello del migliore Barilari, riesce ad infondere il giusto spessore al versante compositivo.
Il risultato finale è naturalmente sbalorditivo, ma, ancora una volta, quando tutto sembra andare per il verso giusto, è un episodio minore a mandare tutto all'aria.
Infatti, durante una data del tour di supporto all'uscita del disco, ben tre dei musicisti della band vengono allontanati dal palco, perchè ritenuti non all'altezza di suonare la cover, rivisitata in idioma spagnolo, di un classico dei Deep Purple, ovvero “Burn” (Quemar).
Risultato? La Polydor Records scarica subito la band, ed il suo creatore si ritrova ancora una volta da solo a leccarsi le ferite....
Il grande ritorno!!!
"I Rata Blanca sono una grande band, oserei dire quasi mostruosa, che occupa gran parte delle nostre giornate. Come diciamo sempre io e Walter, ha i piedi per andare avanti da sola, e la testa per ragionare in modo indipendente. È proprio come una vecchia macchina, deve essere semplicemente riavviata, e poi funziona in modo ottimale.
Con il tempo e l'esperienza, abbiamo capito dove vogliamo arrivare, per questo motivo daremmo sempre il meglio al nostro pubblico ".
Adrián Barilari.
Da quando i Rata Blanca si erano separati, Walter Giardino aveva ricevuto molte offerte per portare a compimento una reunion.
Così, nella prima metà dell'inverno del 2000, è lo stesso leader maximo ad annunciare due spettacoli dal vivo, una data a Buenos Aires e l'altra a Rosario, insieme a musicisti da studio come il batterista Fernando Scarcella, Daniel Leonetti al basso, Miguel de Ipola alle tastiere, e Adrián Barilari come cantante ospite.
Naturalmente le ottime performance live della band, superarono di gran lunga le aspettative, durante le quali viene presentata anche una versione acustica di “Mujer Amante”, con una partecipazione emotivamente incredibile del pubblico, grazie alla presenza sul palco, in qualità di ospiti, di un violoncellista e di una violinista.
Durante lo show a Buenos Aires, il bassista Daniel Leonetti manifesta alcuni atteggiamenti contraddittori che portano lo stesso Giardino a prendere la decisione di estrometterlo dalla band, e per l'imminente concerto a Rosario, viene richiamato Guillermo Sánchez.
Per portare a compimento la reunion, i tre ricontattano anche il chitarrista ritmico Berdichevsky ed il batterista Rowek che, però, non accettano, sostenendo che preferiscono rimanere nella loro band attuali.
Con una line up a cinque elementi, proprio come nella prima reincarnazione, i nuovi Rata Blanca annunciano un nuovo tour, che li vede come headliner per ben diciotto date in Messico, ed altrettante in paesi come Bolivia, Perù e Colombia.
La Trilogia dell'oro parte prima – El camino del Fuego (2002)
Com'è facile prevedere, dopo il successo ottenuto durante i numerosi spettacoli dal vivo, la band torna negli studi per registrare del loro nuovo materiale.
Infatti l'album "El camino del fuego" (disco d'oro), dopo più di un anno di lunga gestazione, il chitarrista adesso si è trasferito quasi definitivamente in Spagna a Madrid, viene pubblicato nella seconda metà del 2002 dalla label indipendente Toka Records e, in pochi mesi, diventa anche uno dei più apprezzati dai fan e dal grande pubblico.
I brani più popolari del nuovo corso adesso sono "Volviendo a casa", "La canción del guerrero" e "Cuando la luz oscurece" che si abbeverano ancora una volta alla fonte dell'eterna giovinezza con richiami alle reminiscenze che hanno reso la band uno dei cardini imprescindibili della scena sud americana, ovvero hard rock di classe, blues e tinte heavy.
Qualche mese più tardi, esce addirittura una seconda versione del disco, in digipack e con una bonus track in esclusiva per il mercato europeo, da parte della label italiana Underground Symphony di Novi Ligure, la quale si occupa della distribuzione dell'album per il vecchio continente, escluso il mercato ispanico ed americano.
Il brano "Aún estás en mis sueños", viene finalmente trasmesso dalle radio ed ottiene grandi riconoscenze, tanto che, a fine anno, l'album viene premiato come disco di platino grazie alle sue vendite.
Non paghi del ritrovato successo nazionale, i Rata Blanca decidono di pubblicare un mini cd in inglese con sole tre tracce per cercare di tastare il mercato anglofono, rimasto sempre un vecchio pallino del chitarrista, ma nonostante le ottime premesse, il tentativo si infrange contro il muro dell'indifferenza anche perchè, alle prese con un altro idioma, la band snatura gran parte della sua essenza e magia.
Così, spinti nuovamente dal successo inaspettato, la band ha possibilità di dare alle stampe un secondo disco live, “Poder vivo”, questa volta avvalorato da una resa sonora magniloquente e da un'ottima prestazione d'insieme.
La Trilogia dell'oro parte seconda – La llave de la puerta secreta (2005)
Alguien leyó el libro sagrado
Y los planetas ya se alinearán
Por el Santo Grial, los imperios caerán
bajo la ira de la Tierra
reinará solo el poder del sol
(Walter Giardino)
Con queste parole si apre la intro dell'altro capolavoro “ La llave de la puerta secreta”, sconda parte della trilogia del sole, il quale vede la luce dopo due anni di estenuante tournée in tutto il mondo, siamo nel 2005, lavoro con il quale la band riesce se non altro a dimostrare ancora una volta, se ce ne fosse bisogno, di sapersi reinventare, arrivando a perfezionare quanto di buono proposto con la precedente release da studio, e questo grazie anche all'attitudine, professionalità ed energia profusa e messa in gioco, che ricorda quella dei bei tempi.
Undici perle che richiamano un heavy metal classico snello, ben scolpito nella roccia, dotato di una un'essenza neoclassica preponderante, ed un orientamento hard rock maturo che, naturalmente, riprende le lezioni tramandate dalla vecchia scuola, e questo grazie ad un approccio alla forma/canzone ottimamente congegnata, dipanata all'interno di episodi incisivi, pervasi da una sorprendente sezione ritmica ed un ottimo dinamismo sonoro.
"Bajo el Poder del Sol", "La Otra Cara de la Moneda", "Aún Estás en Mis Sueños" sono solo alcune delle tracce più riuscite del lotto, anche se, è bene ribadirlo, l'album è perfetto nella sua interezza e, la produzione ottenuta nei famigerati “La nave de Osberg”, non fa altro che aggiungere internazionalità ad un lavoro già perfetto.
Nota di margine: le prime mille copie del cd vengono stampate in versione digipack con tanto di chiave in ferro battuto che sormonta la cover del disco.
Il tour per il nuovo arrivato è ancora una volta mastodontico, e si dipana fra il 2005 e il 2008, coprendo paesi come Argentina, Perù, Spagna, Cile, Bolivia, Uruguay, Colombia, Ecuador, Messico, Stati Uniti, Paraguay e Venezuela.
La Trilogia dell'oro parte terza – El reino olvidado (2009)
La spossatezza di ben tre anni di tour non scalfiscono minimamente il retaggio artistico dei cinque che, a sole poche settimane dall'ultima data, si ritrovano in studio, ancora una volta a “La nave de Osberg”, ci rimarranno ben sei mesi di estenuante lavoro, per portare alla luce “El reino olvidado” album che, in sole due settimane, è nuovamente disco d'oro.
Come per il precedente album, anche per il nuovo arrivato viene creata una versione speciale per i collezionisti, infatti la prima tiratura, questa volta a due mila copie, presenta il cd racchiuso in un lussuoso digipack a forma di libro antico, sormontato da una moneta metallica pervasa dai segni zodiacali, che rappresenta il lasciapassare per il regno dimenticato, come ben si evince dal disegno interno al booklet del cd.
A livello puramente musicale il nuovo album segue i tratti somatici de “La llave de la puerta secreta”, mantenendo alta la qualità peculiare del versante compositivo, e contiene ben dodici canzoni, fra le quali un ruolo fondamentale lo riveste sicuramente la title track che si rivela essere come un brano nel classico timbro della band con un imponente assolo di chitarra, ma anche le locuzioni tradizionali presenti fra i solchi di "Talisman", "Un día más, un día menos","El círculo de fuego" e del "El guardián de la luz" non sono da meno, ed il risultato finale va ancora una volta oltre le più rosee aspettative.
Per dare ancora una volta alito alle proprie velleità esterofile, il buon Giardino decide di pubblicare ancora una volta una versione in inglese del disco, questa volta ad accompagnare il chitarrista è nientemeno che il mago Doogie White, ex Rainbow e Tank, ma anche in questo caso l'accoglienza del “prodotto” rimane piuttosto tiepida anche quando la Polygram europea mette in commercio un doppio cd che contiene entrambe le versioni.
Il “Talisman Tour” ha inizio il 5 giugno del 2009, con le due date al Luna Park Stadium con più di cinque mila persone che si succedono nella due giorni, e la capacità del locale messa quasi al collasso.
Magos, espadas y rosas - 20° anniversario
Nel 2010 un'emittente della capitale, ovvero radio “Rock & Pop”, per celebrare i suoi 25 anni ed il successo di alcuni dei suoi programmi, offre alla band l'opportunità di esibirsi dal vivo nei suoi studi dedicati alla memoria dell'eroe nazionale Norberto “Pappo” Napolitano.
L'idea è quella di suonare per intero “Magos, Espadas y Rosas” che, ricordiamolo, comprendeva sette brani, e celebrare il ventennale dalla sua uscita.
La resa di queste registrazioni sono così ottimali che, l'entourage della band, pensa addirittura ad una sua pubblicazione ufficiale.
È proprio grazie a questa pubblicazione che ha inizio un nuovo tour in tutto il paese, e in diverse nazioni del Sud America, chiamato semplicemente “XX Anniversary Tour: Magos, espadas y rosas”.
In questi concerti la band ebbe l'occiasione di presentare, oltre alla track list completa del disco dell'anniversario, anche una selezione mirata di altre composizioni che avevano fatto la storia del combo, con diversi estratti che arrivavano dalla precedente release ufficiale “El reino olvidado”.
A metà del 2012 e come parte della celebrazione dei suoi 25 anni, attraverso i social network viene promosso un nuovo restilyng del sito web della band, che include un'immagine di un castello che richiama la copertina del loro primo album.
A sorpresa, il 18 agosto dello stesso anno durante il concerto al Vorterix Theatre, a salire sul palco con la band, come ospiti speciali sono Gustavo Rowek, Sergio Berdichevsky e Saul Blanch, ovvero il vecchio nucleo di una delle prime line up, che eseguono due classici dal primo album ovvero "Chico Callejero" e "Sólo Para Amarte".
Esibizione quella con la vecchia formazione che si ripeterà il 7 novembre dello stesso anno, quando i nostri avranno l'occasione di suonare di spalla ai Kiss al River Stadium, ed il mese successivo al Lawn Tennis Club di Buenos Aires, in occasione dell'anniversario dei venticinque anni della loro carriera.
Tormenta Eléctrica (2015)
Alla fine del 2014, i Rata Blanca annunciano, attraverso la loro pagina ufficiale di Facebook, che le registrazione del loro nuovo album in studio sono terminate.
Il disco, intitolato “Tormenta Eléctrica”, contiene undici nuove composizioni, tra cui cui la frizzante “Rock 'n' Roll Hotel”, “Los chicos quieren rock” tanto ingenua quanto solare, e la stessa title track, le quali cercando di prendere le distanze da quanto proposto dai nostri nelle ultimi due relaese ufficiali, e questo grazie ad uno stile musicale più semplice, potente, ma meno pomposo, pervase da metriche spensierate e realistiche, che enfatizzano il loro amore incommensurato per il rock.
Rilasciato congiuntamente il 5 agosto sia dalla Icarus Music, che ne cura la distribuzione oltre confini, che dalla Rata Records che, a sua volta, distribuisce il disco in Argentina, l'album è, non solo uno dei primi dischi dei nostri che viene rilasciato per il mercato digitale, ma rappresenta anche la prima assoluta in studio per il tastierista Danilo Moschen sostituto di, un'ancora dimissionario, Hugo Bistolfi.
Ancora una volta, le prime copie dell'album vengono rilasciate in confezione digipack con un'artwork in stile 3D progettata dall'artista cileno Claudio Bergamin.
Presentato ufficialmente il 12 settembre 2015, ancora una volta al rinomato Luna Park gremito di septtatori, e prima tappa ufficiale di un tour che, alla fine, toccherà l'Argentina, l'America Latina e gli Stati Uniti, per terminare al Teatro Flores nel dicembre del 2016.
Nel maggio del 2017, dopo due mesi estenuanti di tour, attraverso i social network la band fa trapelare un comunicato nel quale si dice alla ricerca di donatori di sangue di qualsiasi tipo, dal momento che Guillermo Sánchez, bassista del gruppo, è stato ricoverato in ospedale a causa di una setticemia, prodotta da un batterio. Purtroppo alla fine del mese il vocalist Adrián Barilari, sempre tramite le pagine official del gruppo, conferma la tragica notizia della morte dello storico bassista, al quale, il 15 agosto dello stesso anno, viene dedicata una serata speciale nella quale, oltre ai Rata Blanca che festeggiano i trenta anni di carriera, si affiancano i nomi di spicco della scena musicale del paese.
E la leggenda contiua...
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