Nome nuovo del panorama musicale tricolore, il destino che si lega a doppia mandata ai new come DreamGate, ci parla di una formazione si al debutto, ma formata attorno ad un nucleo di musicisti di provata esperienza che, nonostante sia al debutto discografico giocato sulla lunga distanza, riesce a dimostrare di sapersi destreggiare ottimamente all’interno di un mercato musicale sempre più avaro di cavalli di razza, e questo grazie soprattutto a qualità peculiari tutt’altro che di secondo piano.
Caratterizzato da una produzione speculare che amplifica, dove possibile, il lavoro svolto dai cinque, “DreamGate” dicevamo, è un disco forgiato nella melodia pura, caratterizzato da refrain memorabili e partiture più intriganti, che arricchiscono architetture e voli pindarici posti, a volte, al limite del sympnonic power metal più nobile ed elitario, e questo grazie anche al lavoro instancabile di una band che, nell’arco delle undici composizioni contenute, riesce sempre e comunque a mantenere viva l’attenzione dell’ascoltatore, grazie ad un versante compositivo snello, arrangiamenti raffinati e ricchi di soluzioni ad effetto.
Classe, determinazione e perspicacia, nelle parole del tastierista Alessandro Battini la genesi di una creatura artistica destinata a grandi cose...
Intervista raccolta da: Beppe "HM" Diana
Ciao Alessandro e bentrovato, iniziamo subito con il piede sull'acceleratore, dunque famiglia, lavoro, passioni extra musicali che cosa vi ha realmente spinto ad imbracciare i vostri strumenti e a mettervi nuovamente in discussione? Dobbiamo considerare i DreamGate un semplice progetto parallelo oppure una band con una propria identità artistica ben definita?
Ciao Beppe, è un piacere risentirti e poter fare quattro chiacchiere come ai vecchi tempi! Il progetto DreamGate è nato all’inizio del 2022, durante un lungo periodo di “work in progress” della mia storica band, i Dark Horizon.
Quell’anno avrebbe dovuto portare all’uscita del nuovo disco, ma, quando ho capito che i tempi si sarebbero allungati ulteriormente, ho deciso di creare i DG insieme a Gian Luca Capelli (che aveva lasciato nel frattempo i DH).
Per completare la line-up abbiamo chiamato dei vecchi amici, con cui avevamo collaborato in passato per altri progetti (Fabio Brunetti ex – Edran, Armando De Angelis mastermind della metal opera Mindfar e Micael Branno dei Ghost City).
La band ha trovato subito l’alchimia giusta, tanto che, nemmeno dopo un anno eravamo in studio per registrare l’album di debutto, uscito lo scorso giugno per Underground Symphony. E le novità non sono certo finite, perché il disco d’esordio è un punto di partenza, non certo di arrivo.
Capisco, a mente fredda che cosa pensi di aver portato all’interno della band, delle tue precedenti esperienze musicali ed artistiche?
DreamGate è stato un ritorno al passato un po’ per tutti. Non siamo dei novellini e suoniamo power metal fin dal 1997, quindi conosciamo profondamente il genere e tutte le sue caratteristiche.
Io, così come i miei compagni di avventura, abbiamo cercato di inserire tutte quelle peculiarità che possiedono i pezzi che ci piace ascoltare da sempre: refrain ariosi e orecchiabili, sezione ritmica martellante e, dal mio punto di vista, tanti tanti arrangiamenti sinfonici.
Nel tempo ho imparato ad adattare le orchestrazioni al mood dei pezzi, a tirarmi indietro quando l’atmosfera lo richiede, ad arricchire certi momenti solisti con gli interventi orchestrali: nei DreamGate, scrivendo personalmente alcuni brani del disco, sono partito proprio da melodie e tastiere, quindi il power sinfonico non manca!
A livello puramente strutturale come sono nate le composizioni che fanno parte del disco? E’ stato un processo naturale, oppure avete incontrato delle difficoltà oggettive a cui fare fronte?
Nessuna difficoltà, tutto è andato liscio come l’olio, cosa rarissima in così tanti anni di carriera. Abbiamo tutti contribuito alla stesura dei pezzi, chi più chi meno, anche se, principalmente, siamo io e Armando gli autori. Siamo riusciti, però, ad aggiungere in extremis “Belmonts’ Fate” scritta completamente da Micael, il bassista, ed ispirata al brand di Castelvania.
Per la registrazione ed il mixing finale so che vi siete avvalsi di un'altra figura carismatica del vostro entourage ovvero del buon Daniele Mandelli tuo socio nei Dark Horizon nonchè deus ex machina degli Elfo studio, dico bene? Puoi spiegarci quali sono state le emozioni e gli stati d'animo che avete attraversato durante tutte le sessioni di registrazione? C'è stato un momento durante la fase di composizione del disco in cui avete superato il vostro limite di sopportazione globale?
Daniele e gli Elfo Studio sono stata la scelta naturale e più ovvia per la produzione del disco. La sua presenza dietro alla consolle, ma soprattutto durante le sessioni di registrazione, è stata fondamentale, perché, oltre ad importanti suggerimenti a livello artistico, è riuscito a tenere a bada i nostri caratteri vulcanici!
Scherzi a parte, la fortuna è stata di essere presenti “fisicamente” durante le registrazioni solo in tre (Fabio, Gianluca ed il sottoscritto) in quanto Armando e Micael hanno registrato in Campania, loro headquarter.
Avendo ormai tanta esperienza, abbiamo preferito spalmare il lavoro nel corso di 12 mesi, per seguire passo passo il processo di produzione ed evitare di sovraccaricare i cervelli di informazioni da dover valutare in fretta.
Probabilmente per questo motivo siamo riusciti a sopportarci e supportarci senza arrivare a scannarci ahahaha!
Quanto è difficile far convogliare gli umori, le passioni, e le pressioni di cinque musicisti all'interno di un’unica direzione? Siete mai scesi a compromessi?
Scendere a compromessi fa parte dell’essere gruppo, anzi è fondamentale. Una parte scritta da un altro componente della band non potrà sempre essere come ce l’abbiamo in testa, non può piacere a tutti e quindi va accettata e, viceversa, bisogna essere anche disponibili a cambiare qualcosa di nostro, seguendo i consigli degli altri. In fin dei conti, un assolo, un riff, una melodia, ai nostri livelli non può fare la differenza, cambiando le sorti della band.
Concretamente la fase compositiva è un vero e proprio lavoro di gruppo, oppure le idee dei brani sono elaborate da uno solo di voi, e poi ognuno apporta le proprie modifiche?
Dipende dai pezzi. “Sun King”, opener del disco, è stata scritta da me, testo e melodie, ma il riff iniziale è un’idea di Armando. Così in “Life is One”, le melodie ed il testo sono opera di Armando, mentre la parte strumentale l’ho scritta io. Ogni pezzo ha avuto la sua storia, anche se la parte vocale, con i cori e le melodie, è stata rifinita in studio da Fabio, con l’apporto di Daniele e Gianluca.
Potenza e melodia, credo proprio che la vostra musica sia il risultato della perfetta antitesi di questi due elementi, quindi mi piacerebbe capire se, quando avete composto le undici tracce, avete tenuto conto di questo equilibrio, oppure se vi siete lasciati guidare dal vostro estro personale...
Alla base del progetto DremGate c’è il desiderio di creare canzoni catchy, come si usa dire. Una song di questo tipo di power metal, per come lo intendiamo noi, senza un ritornello cantabile, orecchiabile, immediatamente memorizzabile, non può diventare una hit.
L’ascolto della musica, negli ultimi anni, è cambiato profondamente. Tutto è talmente veloce, immediato, a livello social e sulle piattaforme, che può capitare di non avere una seconda chance da parte del fruitore.
Se si propone una song diretta e vincente si può correre il rischio che dopo 10 ascolti possa stufare, ma se si propone musica troppo complessa, che arriva dopo ripetuti ascolti, può darsi che non si abbia la chance di una seconda possibilità, perché l’ascoltatore medio passa oltre quasi subito. Quindi la parte melodica e vocale è stata pensata, scritta volutamente proprio così, mentre la potenza è arrivata d’istinto, probabilmente essendo parte naturale del genere.
Il brano “No Sweat No Glory” ti ha permesso in qualche modo di coniugare la musica all'altra tua passione di sempre ovvero il calcio, com'è nata l'idea di mettere in musica l'inno del Club Brugge? I dirigenti della società e i suoi tifosi sono a conoscenza di questo vostro omaggio?
Come sai Beppe, sono un giornalista che scrive di calcio da ormai vent’anni e sono un collezionista di maglie dei posti che mi capita di visitare in vacanza e per lavoro.
Sono stato diversi anni fa a Brugge, in Belgio, e, come di consueto ho acquistato la t-shirt. Mi è capitato, ammirando la mia collezione, di leggere sul colletto della maglia il motto “No Sweat No Glory”, che capeggia anche allo stadio e sulle sciarpe dei supporter.
Da lì è nata l’idea di scrivere una canzone, che, in realtà, nel testo non inventa nulla. La partita di calcio come metafora della vita è già stata ripresa anche nella musica pop e rock, ad esempio dagli 883 e da Ligabue, nei pezzi “La dura legge del gol” e “Una vita da mediano”, ma la nostra canzone è certamente più metal e pomp rock.
Il mio lavoro di giornalista ha facilitato, poi, il contatto diretto con il team di comunicazione della squadra belga. Abbiamo inviato il pezzo ed è piaciuto, così abbiamo avuto la possibilità (ed il permesso) di creare il video con le immagini dello stadio e dei giocatori e di divulgarla sui canali social della squadra. La canzone viene anche mandata allo stadio prima delle partite e sembra piaccia molto ai tifosi, anche se il loro inno ufficiale resta una vecchia mazurka in lingua fiamminga.
Com'è nata l'idea del video del brano “DreamGate” che ci riporta indietro nel tempo all'epoca arcade? Secondo me è geniale, complimenti..
L’idea è nata davvero per gioco. Avendo trattato tematiche videoludiche nelle canzoni (“Cecil” ad esempio è ispirata a Final Fantasy) ci siamo detti: perché non possiamo essere anche noi dei personaggi di un videogame?
Ma siccome siamo dei vecchietti, ciò che ci si addice di più è certamente uno stile a 8 o 16 bit, come i mitici platform dei cabinati degli anni ’80. E così abbiamo provato a chiedere ad un programmatore di imbastire un videogioco arcade, inserendo le nostre figure per la scelta del protagonista ed una sorta di portale (appunto il “Dreamgate”) tra un livello e l’altro.
Così è nato questo videoclip originale, che è piaciuto moltissimo a tutti.
Ritornando al disco, pensate di aver dato fondo a tutte le vostre velleità artistiche, o avrete modo di amplificare il discorso nelle prossime e future produzioni della band?
Ci siamo divertiti moltissimo nel songrwriting di questo album di debutto, quindi posso anticiparti che 11 canzoni del secondo disco sono già pronte ed entreremo in studio a breve, per iniziare le registrazioni. Le caratteristiche dei brani saranno le stesse: melodia a go go, momenti sinfonici e potenza, forse con un pizzico di epicità in più. Gli argomenti spazieranno nuovamente tra videogame, film, libri e fantasy.
Oramai è davvero innegabile non dover ammettere che un certa frangia del metallo classico sia tornata nuovamente a mietere proseliti sia da parte della critica che del pubblico sempre più interessato a sonorità old style, quindi è logico che ti chieda come state vivendo voi questo momento d’oro, visto che oramai “sei della partita” da molti anni?
Come capita spesso nella musica, i generi ciclicamente tornano sulla cresta dell’onda, per poi sparire per qualche tempo. Così è accaduto per il power, il classic, il symphonic, che dopo la scorpacciata di fine anni ’90 e primi 2000 sono finiti un po’ nel dimenticatoio.
Adesso sta tornando in auge il power metal orchestrale, specialmente se è incentrato su tematiche ben definite: i lupi, i nani, i vichinghi, i guerrieri, i supereroi, probabilmente perché i nuovi fans sono ragazzi più giovani amanti del mondo cosplay.
I DremGate si inseriscono parzialmente in questo filone, anche se noi prediligiamo sempre l’aspetto musicale prima di tutto, rispetto all’immagine.
Come stanno andando la promozione del disco? Che generi di feedback avete ottenuto fino a questo momento?
Il disco è arrivato a chi doveva arrivare. “DremGate” è dedicato ad un pubblico ben definito, che ama un genere specifico, circoscritto, che ha i suoi paletti, i suoi cliché. Ed i feedback sono stati entusiastici da parte di chi ascolta questo tipo di musica da sempre o da chi è neofita e stiamo comparendo in tante top ten di fine anno dei siti dedicati al symphonic power.
Viceversa, abbiamo ricevuto alcune recensioni piuttosto fredde, da chi si aspettava punti di contatto con le nostre band storiche, la composizione più matura dei Dark Horizon, i passaggi prog dei Mindfar o le orchestrazioni cupe dei Ghost City. Ma non avrebbe avuto senso mettere in piedi un progetto carta carbone di un altro già esistente.
Quant'è importante per una band come la vostra sapere di poter contare sull'appoggio incondizionato di una label di peso come la storica Underground Symphony?
Conosco Maurizio Chiarello dal 1998 e posso considerarlo un amico vero. Ha creduto in ogni progetto in cui ho fatto parte ed ha sempre dato spazio a band italiane di qualità. Recentemente ha mantenuto viva l’Underground Symphony, nonostante la situazione del mercato sia ormai satura e drammatica, dal punto di vista delle vendite, cercando di dire sempre le cose come stanno, evitando di gettare fumo negli occhi o presentando numeri fasulli. Siamo tutti sulla stessa barca, un piccolo veliero che rischia di andare alla deriva e non sa dove ci porterà, eppure restiamo dopo tanti anni al timone a goderci questo viaggio.
Quant’è difficile portare avanti una band in un paese asettico come il nostro, dove suonare non ti permette nemmeno di pagare le classiche bollette? Dai tuoi esordi con i Dark Horizon fino ad oggi, come pensi sia cambiato in tutti questo lasso di tempo il tuo modo di rapportarti alla musica suonata e concepita?
Ho vissuto con i Dark Horizon il boom del power metal di fine anni ’90. Siamo sulle scene dal ’97, abbiamo suonato tantissimo in Italia ed all’estero, e fino a metà dei 2000 pensavo e speravo che la musica sarebbe stata la mia professione. Poi mi sono risvegliato da un bel sogno ed ho avuto chiaro davanti agli occhi il presente ed il futuro, che era tutt’altro che roseo. E’ stato un duro colpo, che ha bloccato la mia vena artistica e la voglia di suonare per qualche anno. Dal 2010, anno di uscita di “Angel Secret Masquerade” vivo la musica con grande passione, ma alla stregua di un hobby, in pace con me stesso e ancora pieno di voglia di scrivere canzoni e suonare. E questa consapevolezza mi ha permesso di tornare pienamente in attività, pubblicando 3 album e 3 mini coi Dark Horizon, gli esordi di Ghost City, Sangreal ed ora DreamGate, oltre ad alcune collaborazioni e tributi.
Come ti rapporti con la parola “successo”?
E’ una parola che non appartiene al mio vocabolario. Forse a vent’anni immagini di riempire gli stadi o di partire in tour con la tua band preferita, ma sono film che fanno parte di quel periodo della vita.
Come diceva il buon Marzullo qualche anno addietro “Sig. Battini, si faccia una domanda e si dia una risposta...”
Sig. Battini come si vede fra qualche anno? Credo che, a livello musicale, dovrete ancora sopportarmi per diverso tempo! A marzo uscirà il nuovo disco dei Dark Horizon, mentre siamo in studio proprio in questi giorni per concludere le registrazioni del secondo Sangreal. Come anticipato, il nuovo disco dei DreamGate è già stato scritto e poi sogno di pubblicare per i 30 anni di attività dei DH qualcosa di speciale. E perché no, anche un nuovo Ghost City.
Ok Alex, siamo alla fine, ti lascio campo libero per i saluti finali..
Grazie Beppe per lo spazio che ci hai concesso! E’ un vero piacere ritrovarsi ancora qua dopo tanti anni, la scena è sempre viva grazie a chi come te mette passione per la music
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